mercoledì 26 novembre 2008

GLI ITALIANI LO FANNO MEGLIO/Cristina Donà

Era il 1997, quando, appena trasferitomi in Trentino ebbi la fortuna di poter vedere MTV senza parabole o artifizi vari.
Ricordo una sera, mentre guardavo una trasmissione condotta da Enrico Silvestrin che prevedeva esibizioni live, artisti italiani compresi. Era la volta degli Afterhours di Hai Paura Del Buio?, che per quella occasione stavano dividendo il palco con una tale di nome Cristina Donà di cui non avevo mai sentito prima di allora.
L’esibizione suscitò in me così tanta curiosità (che sarebbe la vita senza di essa !!!), al punto che decisi di voler approfondire la conoscenza della Donà. Così mi procurai il suo primo lavoro, Tregua, del 1997. Il disco prodotto da Manuel Agnelli (ecco spiegato il palco condiviso con Afterhours) e uscito per la casa discografica Mescal, rappresenta il binomio perfetto tra lucidità musicale e portata vocale. Mentre nel 1999 dopo aver ascoltato il brano Mangialuomo, incluso nella compilation abbinata alla rivista Il Mucchio Selvaggio, mi ritrovai ad ascoltare l’intero album, Nido del 1999.
Capii che era artista da non sottovalutare specie ed in ragione del fatto che in quegli anni bisognava sgomitare tra le emergenti del settore (Nada (?), Consoli, Di Marco, Lalli ), accodate alle varie corti di produttori /collaboratori acuti come Agnelli ma anche come E. Wood, J. Parish, M. Zamboni, H. Gelb, R. Wyatt. Quest’ultimo collaboratore alla scrittura di Goccia del secondo album della nostra artista.
Fortuna volle che poi, ad appena 4 anni dal mio approccio musicale con la Donà, e a soli 6 Km. di distanza, la vidi in concerto. Il teatro era molto intimo, con un audio perfetto che esaltava le capacità vocali della Donà, mentre la distanza dal palco era ideale per salutarla con stretta di mano e con un amichevole ciao. Quel concerto incantò anche mia figlia che già all’epoca sgambettava sulle note di alcune sue canzoni e fu anche l'occasione per acquistare all’uscita del concerto il disco appena sfornato (Dove Sei tu – 2003- Mescal).
La sua voce, capace di acuti improvvisi e durezza d’espressione, non eclissa la sua passione per le donne rock d’oltremanica (P.J. Harvey ad esempio), ma neppure tralascia espressività vocali degne della miglior tradizione folksinger (come Suzanne Vega ). Sofisticata, lieve e fragile nel contempo.
I suoi testi sono capaci di dipingere paesaggi stralunati, sottili e sognanti ma anche solari, sperimentali e talvolta spietati. Le atmosfere che dominano entrambi gli album, li rendono altresì difficili da qualificare: sospese come sono tra jazz e rock, canzone d’autore e un tocco di antico che rende magico l’ascolto.
A distanza di anni (circa 10), Cristina Donà ha acquisito maturità e pur variando i suoi lavori successivi non si è lasciata incantare da facili tentazioni commerciali (come ad esempio ha fatto Carmen Consoli che pure era partita bene).
Mi piacerebbe vederla guadagnare una fetta di pubblico maggiore ad apporre un sigillo sulla sua bravura. Ma in Italia basta guardare le classifiche e le rotazioni sui canali musicali per capire quanto limitato sia il mercato, mentre anche all'estero si sono accorti Lei. Riviste musicali autorevoli hanno elogiato l'artista Donà. La rivista Mojo, ad esempio, la definisce così “la Donà col suo modo di concepire le canzoni, riesce all’interno di una singola canzone ad essere triste, furba e divertente. Con lei possiamo dimenticare gli stereotipi del pop italiano con l'imbarazzante melassa operistica. [...]. È anche una signora capace di scrivere canzoni intrise di gentile malinconia e memorabili arie [...].” (John Bungey, recensione sulla rivista musicale Mojo, ottobre 2004)
Ancora elogi giungono niente (popo) di meno che dal Rolling Stone “Fantastico. Con tanta confidenza eppure tanto vulnerabile, l'album è ricco di suoni che riconosco: il sognante romanticismo di Kate Bush, gli incantesimi della sacerdotessa dell'arte Patti Smith, la capacità di melodie ariose di Joni Mitchell, la potente risacca dei Black Sabbath (o forse dei Nirvana) – eppure è anche originale, l'opera di un'artista che sta trovando la propria voce. Tanti i momenti memorabili offerti dagli arrangiamenti, alcuni divertenti e altri che ti arrivano al cuore. Devo dire sinceramente che mi capita di rado, quando ascolto un artista italiano, di chiedermi perché non sia ancora una star negli Stati Uniti (siamo un popolo di provinciali a noi piacciono in inglese, le canzoni) ma con Cristina Donà, me lo chiedo.” (Recensione dell'album Tregua di Joe Levy, Rolling Stone, marzo 2008)
I suoi lavori successivi sono densi di emotività e di ingredienti a lei cari. La voce sempre ci delizia senza diventare stucchevole.
Se dovessi incontrarla di nuovo mi fermerò ancora ad ascoltarla e a stringerle la mano dicendole ciao.
Giamp
Tracklist:
Tregua

1. Ho sempre me
2. L’aridità dell’aria
3. Stelle buone
4. Labirinto
5. Raso e chiome bionde
6. Le solite cose
7. Piccola faccia
8. Senza disturbare
9. Ogni sera
10. Risalendo
11. Tregua

Nido

1. Nido
2.Goccia
3.Qualcosa che lasci il segno
4.Così cara
5.l’Ultima giornata di sole
6. Volo in deltaplano
7.Brazil
8.Mi dispiace
9.Deliziosa abbondanza
10.Volevo essere altrove
11.Cibo estremo
12.Terapie
13. Mangialuomo




... CHE TRADOTTO IN MUSICA ...

venerdì 14 novembre 2008

THE GOOD, THE BAD & THE QUEEN
Omonimo 2007
Damon Albarn (deus ex machina nei Blur) -presente, Paul Simonon (potremmo mettere in palio qualcosa se non indovinate chi è costui)-presente, Tony Allen (collaboratore storico di Fela Kuti)-presente e Simon Tong (ex Verve e parte dei Blur dopo la defezione di Coxon),-presente.
Si potrebbe cominciare così nel presentare il lavoro/progetto che il genio Londinese Albarn ha concepito. Un supergruppo su cui grava grande responsabilità. Come si deduce dai componenti. Devo dire che nel recensire questo disco sono cosciente che non è lavoro facile da raccontare. Voi direte "come mai"? Beh i precedenti progetti (Blur-Gorillaz) del personaggio chiave di cui parliamo sono stati più immediati e commercialmente abbordabili, mentre questo lavoro non rende onore al merito.
Di certo non un un lavoro che piacerà al primo ascolto, ma di sicuro un qualitativamente elevato per le prestazioni che i membri hanno garantito. Da non dimenticare la produzione dell’ineccepibile Brian Ranger Mouse Burton già produttore di quel progetto conosciuto come Gorillaz, nonché amico di Albarn.
Albarn appunto, si sa, o lo si ama o lo si odia, ma non si può mentire sul fatto che possiede le doti geniali di coltivatore e catalizzatore di stili diversificati.
D’altronde la zona di Londra da cui proviene (west london, per intenderci la zona di Portobello’s Market) è di per se punto di incontro di stili e culture diverse, Afro-reggae, punk- rock cosa sono se non il risultato di questi elementi?!!?
Di questo lavoro, che probabilmente rimarrà unico, potremmo mettere in discussione la non azzeccatissima scelta del singolo Herculean, più spazio alla fama avrebbe concesso la scelta di 80’s Life o Northern Whale (troppo Gorillaz?), o ancora di Soldier’s Tale. Il brano di apertura History Song con il suo giro di basso ci dice che Simonon, seppur dedito alla pittura, non ha dimenticato come toccare le corde di un basso (medita Ant !!!). Nature Spring e Three Changes ci ricordano che il vecchio batterista di Fela Kuti ruggisce ancora e la presenza dell’ex Verve ci viene suggellata dalla chitarra di Kingdom of Doom. Piacevole in conclusione l’ascolto della title track The Good the Bad and the Queen; sale pian piano per poi aprirsi in luce violenta a ricordarci che Londra a volte non è solo nebbia.
Lavoro comunque di raffinata ricerca, adulto e maturo. Ci presenta uno spaccato della London odierna con uno sguardo al pop britannico.
All’appello di fine giornata il Buono - presente, il Cattivo- presente ed immancabile la presenza british della Regina a ridimensionare la voglia di rivoluzione brit- pop !!!
Track list

1- history song
2- 80’s life
3- northern whale
4- kingdom of doom
5- herculean
6- behind the sun
7- the bunting song
8- nature spring
9- soldier ‘s tale
10- three changes
11- green fields
12- thegood the bad & the queen

Giamp


THE GOOD THE BAD & THE QUEEN - HERCULEAN

giovedì 13 novembre 2008

GLI ITALIANI LO FANNO MEGLIO/Antefatto
Beh, visto che i blog musicali pullulano soprattutto di musica indie straniera, vi proporrò con cadenza quandomenotelaspetti, la recensione di una decina di cd italiani realizzati tra il 90 e il 99 e direttamente provenienti dalla mia cd-teca personale. Gli anni scelti non sono un caso. A mio modesto avviso sono stati gli ultimi importantissimi anni che hanno visto uscire opere indie di notevole spessore: probabilmente perchè le case discografiche del tempo (su tutti la Mescal ma anche i grossi calibri coma la CGD), si impegnavano parecchio per realizzare un cd che potesse anche avere dei ritorni economici. E questo, forse, giovava anche a chi era chiamato a dare vita a nuove creature musicali, probabilmente più stimolati con la conspevolezzai di chi sa di avere alle spalle qualcuno che credeva nei loro progetti. In effetti adesso, con l’avvento della musica digitale e del download gratuito, la quantità di musica prodotta e immessa sul mercato ha notevolmente scavalcato la qualità della musica proposta, tutta pubblicata da un'unica grande etichetta, ovvero Myspace, ovvero zero costi di produzione e tante speranze di farsi notare.
I cd chiamati a testimoniare quegli anni appartengono ad
AFTERHOURS, ESTRA, USTMAMO’, GANG, CRISTINA DONA’, GINEVRA DI MARCO, TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI e poi si vedrà, lasciando aperta la porta a chi vorrà generosamente contribuire. Non ci sono i grandi nomi conosciuti ai più (uno su tutti De Andrè e le sue “Nuvole”), per dare spazio a chi, in quegli anni, avrebbe meritato un posto al sole (e nelle classifiche di vendita), ma che il gran culo di altri presunti “artisti” italiani ha malamente oscurato con un’eclissi che dura ormai da anni. Vi lascio con una playlist di antipasto di altri meritevoli italiani sugli scudi, in attesa di pubblicare la prima recensione.
Buon ascolto.
Gianni Ragno

mercoledì 5 novembre 2008

LA NUOVA FRONTIERA DEL SOUL
Non so perchè ma la pioggia mi fa venir voglia di ascoltare musica soul. Boh! Chissà quale strana alchimia si realizza nel cervello... E così riflettevo su questa ondata soul che sta prendendo piede (e anima of course) nei circuiti non solo indipendenti, anzi. Indubbiamente le donne stanno facendo la parte delle leonesse marchiando questi ultimi anni, vedi Norah Jones, Joss Stone, Alicia Keys, Amy Winehouse, e non ultime Adele e Duffy che hanno esordito in questo 2008 rispettivamente con i godibilissimi “19” e con “Rockferry”. Personalmente trovo Adele e la Winehouse una spanna sopra le altre che, comunque, si difendono egregiamente. Ho tenuto volutamente per ultimo il reparto maschile per segnalare (nuovamente) Eli “paperboy” Reed con "Roll With You", davvero un classico che sembra venir fuori dal passato più glorioso del soul e del R&B. Una menzione anche per John Legend che dopo l’ottimo "Once Again" del 2006 ha fatto uscire da poco "Evolver". Infine il nuovo arrivato Bryn Christopher. Anche lui una piacevole sorpresa nel panorama soul attuale. Per lui l’album d’esordio si chiama My World. All’interno brani molto orecchiabili e una voce da vecchio soulsinger che lascia il segno. Consigliato. In allegato a queste poche righe, il singolo d’esordio The Quest nella duplice versione in studio accompagnato dalle scene dell'ultimo episodio della 4^ serie di Grey's Anatomy…



e per chi volesse strafare e lo ha già eletto a star del momento, la stessa canzone in versione acustica.



Let your soul be a pilot. See You. Bye.

martedì 4 novembre 2008

BODY COUNT - KKK BITCH
Tutto il mondo è paese, questa è la verità. Ho visto ieri in tv la campagna pubblicitaria di un’artista di strada rumeno che ci invita a conoscere il suo popolo per conoscere meglio il suo Paese. Vogliono propagandare l’amore universale ad ogni costo e fanno davvero ridere, perché al solito si ricordano di questi valori solo quando ammazzano qualcuno, mentre nel quotidiano a volte faremmo fuori anche il nostro vicino di casa.
E questo mi ha fatto venire alla mente il grande Ice-T con i suoi Body Count che nel 1992 fecero uscire l’omonimo album d’esordio, nel cui grembo si annidava, tra le altre, la canzone Cop killer, che a causa dei contenuti “omicidi” del testo la casa discografica fu obbligata a togliere dal disco. Quello che invece riporto sul blog è il testo della canzone KKK Bitch (ritornello da cantare a squarcia gola mi raccomando), a mio avviso una delle storie più divertenti che abbia mai ascoltato sul sesso e sul razzismo e della fottuta paura che abbiamo del diverso. Come premessa a questa canzone Ice-T ci ricorda che:
"The real problem is the fear of the white girl falling in love with the black man".
Buon ascolto e buona visione.

KKK BitchAw yeah, what's up out there? BC's in the house. Rightabout now, I wanna tell you a little love story, you knowwhat I'm sayin', this is a Body Count love story check outthe lyrics, you know, I'm a tell you 'bout what happenedwhen we went down South last year on tour.

Out on tour yo, I been all around the worldwent to Georgia, met this fine-assed white girl,blonde hair, blue eyes, big tits and thighs,the kinda girl that would knock out most guys.She got wild in the backstage bathroom,sucked my dick like a motherfucking' vacuum,said "I love you, but my daddy don't play,he's the fuckin' grand wizard of the KKK.

"I I I love my KKK bitch, love it when she sucks me though,I I I love my KKK bitch, love it when she fucks me though,I I I love my KKK bitch, she loves it when I treat her bad,I I I love my KKK bitch, mother fuck her dear old dad.

You know what I'm sayin'. So we was down South fallin' inlove, you know, D-Roc had this Nazi girl, my manMooseman had a skinhead, I fell in love with Tipper Gore'stwo twelve year old nieces. It was wild, you know what I'msayin', it got even worse, you know.

So one night they took us to a meetin'white sheets, white hoods, no room for seatin'there was Skinheads, Nazi's and crazies,talkin' 'bout black people pushin' up daisies.They hated Blacks, Jews, Puerto Ricans,Mexicans, Chinese, even the Indians.We had our hoods on,we were slickshe pushed her butt up hard against my dick.Then her daddy jumped on the stagetalkin' 'bout killin' in a goddamn rage.I got mad, my dick got hardentered in her assshe said, "Oh my God!"

I I I love my KKK bitch, love it when she fucks me though,I I I love my KKK bitch, love it when she sucks me though,I I I love my KKK bitch, she loves it when I treat her bad,I I I love my KKK bitch, mother fuck her dear old dad.

So what we really tryin' to say is Body Count loveseverybody. We love Mexican girls, Black girls, Oriental girls,it really don't matter. If you from Mars, and you got a pussy,we will fuck you. You know, that's all we're sayin', word.

So every year when Body Count comes aroundwe throw an orgy in every little Southern town.KKK's, Skinheads, and Nazigirls break their necksto get to the party.It ain't like their men can't nut,their dick's too littleand they just can't fuck.So we get buck wild with the white freakswe show them how to really work the white sheets.I know her daddy'll really be after me,when his grandson's named little Ice-T.

I I I love my KKK bitch, love it when she fucks me though,I I I love my KKK bitch, love it when she sucks me though,I I I love my KKK bitch, she loves it when I treat her bad,I I I love my KKK bitch, mother fuck her dear old dad.

...peace