martedì 30 novembre 2010

THE FLINGWanderingfoot



Per chi volesse approfondire, l'album si chiama When the Madhouses Appear ed è uscito ad agosto.
Qualche altra notizia e altre canzoni sul myspace della band.

SUMMER FICTION - ST - [2010]



In questi giorni fa molto freddo al nord e piove al sud. Io che rientro tra gli abitanti bagnati della penisola, ho scovato ad hoc questo piacevolissimo album d'esordio scritto e cantato dai Summer Fiction, il cui nome (finzione estiva) è l'esatta rappresentazione del mood presente nelle canzoni. Anche se può sembrare azzardato affermarlo, trovo il loro primo album solare, nel senso che scalda i cuori o quale ideale compagnìa di quei momenti in cui ci si trastulla nei ricordi, mentre si rimani immobili dietro ai vetri della finestra ad ammirare la pioggia che cade incessante, con le mani infilate nelle tasche posteriori dei jeans. Delizioso retro-pop come i maestri Belle & Sebastian hanno insegnato a fare. Tutto l'album lo ascoltate tra queste "mura" o su questo sito, dal quale è possibilie scaricare anche il singolo Chandelier, oggetto del video, anch'esso molto carino. Buon ascolto.



lunedì 29 novembre 2010

IMPRESSIONI DI FINE NOVEMBRE

       

Di cosa parlarvi in questo periodo piovoso di un novembre quanto mai autunnale? Sarei tentato di promuovere un analisi con tanto di sondaggio di opinione, ma temo che ciò possa essere suggestionabile così come la gran parte delle volte avviene, ad esempio, con i sondaggi politici. E poi il campione a mia disposizione non è gente che se la beve con facilità. Avrei potuto anche proporvi gli ascolti e chiedervi di contrassegnare con una croce la vostra preferita in modo da stilare una classifica.Ma non ho molto da mettere in palio per il vincitore. Allora cosa fare? Dirvi, raccontavi quattro chiacchiere sugli ascolti del periodo senza aspettative, senza intenzione di coinvolgervi in un parere, solo e semplicemente la voglia di divulgare quanto è giunto sul mio piatto ( lettore mp3). Questo e nient’altro mi rimane da fare. Il tempo è denaro, dovrò concentrare, focalizzare l’attenzione su qualcosa che scateni un dibattito. Non vi parlo tra l’altro di gente nuova; un po’ di veterani. Neil Young, Bruce Springsteen, Robert Plant, Sting, Brian Ferry, Stan Ridgway e seppure non sia un veterano nella accezione pura del termine, Tim Robbins (che nella musica non si è mai cimentato). Ora, gli ascolti in questo periodo procedono davvero a singhiozzo, pertanto quello che dico non prendetelo come assoluto. E poi si sa con troppa carne al fuoco si rischia di soffrire di pesantezza di stomaco e non restare soddisfatti dalle portate offerte ai commensali. Neil Young sfodera la sua Gibson e si affianca al guru della sperimentazione, tale Brian Eno, e l’accoppiata ci regala un disco dalle sonorità rarefatte, eteree, vellutate tanto quanto la voce dello stesso Young. Nulla di nuovo sul fronte ma pur sempre un bell'ascolto da concedersi in una serata autunnale sorseggiando vino novello e mangiando castagne. Di seguito non per particolare soddisfazione ma per approdo casuale alla banchina dei miei ascolti, Tim Robbins (accompagnato). Premesso che non trovo la sua, una voce particolare da incorniciare, ma le ambientazioni che ci traghettano verso Springsteen e Tom Waits e a vederla lunga verso il Lanegan più sofferto e intimista, mi hanno diciamo stuzzicato ricordi e visioni tanto gradevoli. Robert Plant non ha bisogno di presentazioni, e quando si cimenta nel campo a lui più congeniale riesce se non altro a non farti addormentare. Buona band, ottime rivisitazioni di brani sempre in bilico tra folk, blues e musica celtica. La voce non delude. Sting invece se devo dirla tutta, proprio non lo digerisco. E si che sono stato un fan sfegatato dei Police, ma più per la passione per la batteria e di conseguenza per Copeland che per altro. Lui, il maratoneta della trombata tantrica, mi annoia,con queste rivisitazioni tendenzialmente troppo radical chic, da alto borgo Già non mi è piaciuto con i barocchismi di Songs from the Labyrinth. Credo in sostanza che Roxanne non avesse bisogno di arrangiamenti unplugged e tantomeno sinfonici. Era ed è bella nuda e cruda così come l’abbiamo conosciuta. Per non parlare degli altri brani. Springsteen invece apre un capitolo a parte. Non avevamo dubbi sul fatto che i fondi/rimasugli di un disco ultra quotato come Darkness On the Edge of Town fossero in grado di entusiasmare. I sue ultimi due dischi non si sono sedimentati affatto nel mio cervello e men che meno nell’anima. Sono rimasto a Nebraska o al massimo a The Ghost of Tom Joad i miei ricordi sulle sue potenzialità di un talentuoso come il boss. Brian Ferry. Mumble mumble, questo nome non mi è nuovo!!?? Ricordo Avalon. Un bellissimo periodo della mia vita. Trascorrevo le serate con un amico (ciao Lino) in radio e quel disco lo abbiamo divorato. Olympia mi lascia lo stesso sapore. Pensavo a dire il vero che non avremmo più ascoltato un disco del vecchio Dandy, con canzoni nuove e accattivanti così come solo lui ha saputo fare. L’immagine di copertina (Kate Moss) poi la dice lunga sulla possibilità che si sia arreso al tempo. Buon (pluri) ascolto.
Giamp



venerdì 26 novembre 2010


Questo mese la playlist la dedico di cuore al mio amico Antonino, anch'egli, come me e Giampaolo, grandissimo appassionato di musica, nonché miccia di questo blog e fine artworker del primo e del nuovo header che vedete sopra. Altra tornata, quindi, di brani selezionati tra quelli grautiti pescati nel mare magnum del web e liberamente scaricabili clikkando su divshare, presente sulla barra per ascoltare la playlist. Buon ascolto e buon fine settimana.

giovedì 25 novembre 2010

SHADOW SHADOW SHADE - [ST]

Shadow Shadow Shade

Bellissima copertina di un album uscito ad ottobre. Band di 7 elementi (compresa la voce soprano femminile apprezzabile nel video) proveniente da Los Angeles all'esordio discografico, sfoggiano un power pop come meglio i New Pornographers non saprebbero fare. Almeno queste le prime sensazioni dei tre brani postati. E' il caso di approfondire con la playlist di fine anno in dirittura di arrivo.

Shadow Shadow Shade - Say Yes


Shadow Shadow Shade - You're Perfect Wilderness


mercoledì 24 novembre 2010

IL NUOVO ALBUM DI PJ HARVEY



Non me l'aspettavo certo così presto. Un nuovo album di Polly Jean in uscita il 14 febbraio 2010. Si chiamerà Let England Shake e, come si comprende già dal titolo, sarà dai contenuti altamente politicizzati, così come da lei stessa dichiarato in un'intervista alla BBC. Sono curioso di leggere anche i testi delle canzoni d'"amore" dell'album e quanto c'entri il fatto che il disco esca il giorno di San Valentino. Let England Shake, registrato in una vecchia chiesa, sarà prodotto da Flood (già con U2 e Smashing Pumpkins) con l'ormai consueto contributo artistico di Jonh Parish (cointestatario dell'album precedente "a woman a man walked by") e di Mick Harvey. Per il resto si sa poco e il fatto che nei suoi recenti lavori abbia adottato soluzioni musicali diverse come in Uh Huh Her, dove ha suonato tutti gli strumenti ad eccezione della batteria, mentre  White Chalk fu di solo piano e voce, rende l'attesa ancora più interessante. Sotto, la canzone omonima presentata in anteprima in uno show televisivo. Strumento usato?

UNKNOWN MORTAL ORCHESTRA – 7″ EP

unknown-mortal-orchestra-ep

martedì 23 novembre 2010

QUANDO U2 E TONI SANTAGATA "SPACCAVANO"

In questi giorni, riprendendo contatti musicali con il mio amico Max, che vive da qualche anno in terra d'Abruzzo, e con il quale abbiamo condiviso gli anni migliori di Battiato e Bennato, mi sono tornati alla mente i gusti musicali degli amici di classe degli ultimi due anni delle superiori. Classe abbastanza omogenea. La sezione femminile era, salvo eccezioni, alla corte della musica italiana più nazional-popolare. Eravamo negli anni 1987/1988, quando il famoso trio sanremese Tozzi-Morandi-Ruggeri bussava alle tasche degli italiani chiedendo di dare di più mentre Zarrillo, da par, suo quantificava in “5 giorni” l’ultimatum da dare alla sua musica. La squadra maschile era così composta: io e Luca tutto Bowie-TalkingHeads, panini e birra a casa della madre mentre si saccheggiava allegramente la discografia del fratello. Luca è poi rimasto legato a quegli ascolti mentre io ho continuato a “fighettare” rinvenendo e ostentando le nuove scoperte musicali (che non mi sono valse, in ogni caso, a cuccare ragazze [nota di Elvira]). Poi c’era chi amava la musica cantautorale di De Gregori (che piaceva tanto anche alla prof di italiano guarda caso … ), Ruggeri e Venditti. I Baglioni/Cocciante boys, che trovavano nei loro testi la verità delle loro relazioni amorose (Max è inutile che ti giri dall’altra parte!). E poi c’era Gino. Lui era il più grande di età oltre che diversamente magro (pare si dica così adesso), nonché il primo patentato della classe essendo nato a gennaio.
La sua prima auto, ergo quella del padre, era una Simca con uno di quegli autoradio incassati nella plancia a prova di mariolo: tentare di tirare via l’autoradio, infatti, per un ladro significava dover asportare e portarsi via l’intero impianto elettrico del mezzo. Questi prototipi di lettori multimediali, supportavano esclusivamente quei formati fisici chiamati stereo8. Nello spazioso portabagagli della Simca giacevano inermi e inutilizzate montagne di stereo8 dove il genere musicale predominante era il meglio della discografia di Toni Santagata alternata alla sporadica presenza di Mazurke e lisci di Raul Casadei memoria. Ogni tanto ce ne andavamo in giro anche col furgoncino verde-militare che il padre usava per la sua attività commerciale e dal quale uscivamo fuori usando lo sportello posteriore scimmiottando la sigla dell’ A-Team. Data via la Simca per sopraggiunti limiti di età (che colpo!) Gino passò ad una Fiat Ritmo bianca che divenne la nostra carrozza ufficiale per il paese dei balocchi (da noi si usa il termine “appùppà”, nel vocabolario italiano lo si trova alla voce “marinare la scuola”). Ma, nonostante il vano porta oggetti dell’auto fosse marchiato a fuoco dalla massiccia presenza di nastri di cantautorato italiano, tra l’87 e l’88, nell’autoradio di quella Ritmo ci fu spazio esclusivamente per la riproduzione di un solo nastro: The Joshua Tree degli U2. Per un intero anno scolastico, tutti i giorni, prima e dopo le lezioni o solo come colonna sonora delle nostre “bigiate” (diciamo pure al limite della purga) “sparammo al cielo blu, dove le strade non avevano nome, correvamo per rimanere in piedi, per le madri dei dispersi non c’era uscita e con o senza te si viaggiava nel Paese di Dio a cercare qualcosa che ancora non riuscivamo a trovare”. Poi arrivò l’estate, i giorni del diploma, la gioia per la fine della scuola contrapposta alla paura dell’ignoto di ciò che ci attendeva dopo. La musica, come le nostre vite, prese strade diverse con una sola certezza: all’infinitesimo ascolto di The Joshua Tree, per Bono & co., ma soprattutto per la Maxell C45, non ci fu scampo e l’autoradio divenne la loro ultima custodia. RIP.

[questa sotto è la ripresa video completa (molto buona) della versione di I Still Haven't Found cantata dagli U2 con il coro dei New Voices of Freedom durante la tournèe americana di The Joshua Tree e riportata nel doppio Rattle & Hum. Una delle rare concessioni extra dei dubliners ai loro spettacoli. L'ho cercata per anni e per l'occasione l'ho trovata. Fortunato me].

lunedì 22 novembre 2010

The Good Natured covers Sufjan Stevens



Proliferano i seguaci del messìa Sufjan Stevens. Carina e notturna questa cover.
TYVEK Underwater




venerdì 19 novembre 2010

JOY DIVISION 
Live @ Paradiso Amsterdam 11 gennaio 1980



Proseguendo nel tracciare la breve parabola artistica dei Joy Division , non può mancare l’ascolto e la descrizione di ciò che era per loro l’approccio al palcoscenico. L'ascolto di questo live ci porterà a capire quale indirizzo caratterizzava una loro esibizione; e non solo questa in particolare, seppure a detta della critica, sia il bootleg più rappresentativo. Siamo al Paradiso di Amsterdam, ancora oggi meta ambita dalla maggior parte delle band in voga. Pochi intimi, una manciata di fedeli. Ambientazione scarna e assenza di fronzoli. Dalla esibizione si capisce che loro puntavano dritti al sodo, ritmiche martellanti, danze ipnoiche, spastiche; Jan Curtis alienato ma essenziale. Per l’occasione il soffitto fu abbassato per creare una dimensione confidenziale ed intima. La band di supporto locale non volle suonare e Loro fecero una esibizione più lunga (doppia) al prezzo di una. Circa 70 minuti di primitiva ed animalesca dimensione così come era ordinario per i JD. Questo live rimane tra i migliori di sempre. Di certo superiore a quelli del tour francese. Nel periodo fu rilasciato solo un album e due singoli, di seguito venne pubblicato tutto il materiale registrato nella serata e cioe due cd. E poi da li a poco (gennaio 1980-maggio 1980) i JD non esisteranno più, così come la storia ci racconta. La qualità del suono all’interno dello stesso concerto varia, alcuni brani non suonano alla perfezione all’inizio, ma ciò nulla toglie al fatto che fù per il periodo una esibizione di degno rilievo. E noi, si sa, siamo in grado di perdonare anche ciò, e a chi li ascolta non serve null’altro che la nuda bellezza dei brani. Essi sono la constatazione di fatto che da quell’anima in pena scaturiva dolore. Vivo, tangibile. Buon ascolto.
Giamp


* tracklist *
01 passover - 02 wildness - 03 digital - 04 day of lords - 05 insight - 06 new dawn fades - 07 disorder - 08 transmission - 09 love will tear us apart - 10 these days - 11 a means to an end - 12 twenty four hours - 13 shadowplay - 14 she's lost control - 15 atrocity exhibition - 16 atmosphere - 17 interzone


UN PAIO DI "COPERTE" AUTUNNALI

A volte ritornano: i Peter Wolf Crier (duo di Minneapolis) rifanno in maniera degna Place To Be di Nick Drake, mentre più sotto il video tratto dalla performance radiofonica live dello scorso anno dei Flaming Lips. La band, da molti reputata, unica vera erede dei Pink Floyd li omaggiano  riproponendo la canzone che chiudeva The Dark Side of the Moon, ovvero Eclipse.

pwc



giovedì 18 novembre 2010

WOLF & CUB - One to the Other

THE PAINS OF BEING PURE AT HEART - Heart In Your Heartbreak

Pains of Being Pure at Heart

Il nuovo singolo dei  The Pains of Being Pure at Heart. L'avvicinamento agli Strokes è cominciato.

martedì 16 novembre 2010

JOY DIVISION
Io Ancora Esisto
[ Il personale omaggio di Giampaolo ai Joy Division a 30 anni dalla morte di Curtis e dall'uscita di Closer. Venerdì sera appuntamento con l'immancabile live: i Joy Division al Paradiso di Amsterdam]

Più di un motivo per parlarvi dei Joy Division e della loro brevissima ma indissolubile parabola artistico musicale. Punto primo, anno 1977 , è da non molto passato il periodo Punk con strascichi sociali-culturali-politici immensi. Non apro capitoli a parte, ma le scie del punk, musicalmente parlando, le troviamo appunto nel filone capeggiato dai Joy Division e battezzato come Goth-Dark-Wave Music. In breve, musica non convenzionale che trova le sue origini nella società post-industriale, ansiogena e a tratti apocalittica. Sonorità cupe, dense di pathos, tenebrose e fosche quanto basta per dare ospitalità ad un genio, profondamente segnato dalla malattia ( era affetto da crisi epilettiche ), al punto da renderlo così inquietante nella sua mente, tanto quanto nella sua danza sul palco, come Jan K. Curtis. Leader incontrastato della Divisione della Gioia ed influenzato da opere letterarie dello spessore di Dostoevskij, Borroughs, Ballard.
Punto secondo: il 18 maggio di quest'anno si è celebrato il 30° anniversario dall morte appunto di Jan K. Curtis (nonchè il trentennale di Closer), ed è quindi un buon momento per fare il punto su i misteri che ancora restano sul suo suicidio. Si lo so, lo ha già fatto alla perfezione Anton Corbijn, noto fotografo di fama internazionale, che con i suoi scatti ha immortalato stars del calibro di U2, Coldplay, REM, Depeche Mode, ecc. e che si è lasciato incantare dalla macchina da presa (lunga la lista dei videoclip realizzati), al punto tale da mettersi alla prova come regista per un lungometraggio intitolato -Control- a Lui e alla sua vita sentimentale, dedicato. Corbjin, tra l’altro, li ha incontrati per ritrarne alcuni scatti, poco prima della morte di Jan Curtis e si era trasferito da Amsterdam a Manchester proprio per la grande passione che aveva per i JD. La pellicola, premiata a Cannes, effettua un tracciato efficace in un bianco e nero sgranato, che ne sottolinea le sensazioni che il mito stesso ha lasciato nel tempo. Ma l’enigma di fronte a queste morti è sempre così smisurato tanto che si tratti di personaggi noti quanto di comuni individui che transitano inosservati. Diceva di se stesso Curtis: “ tutto ciò che voglio dalla mia carriera musicale è fare un unico disco” (nel tentativo di emulare i suoi miti Bowie - Reed - Morrison). Fu così che dopo il primo disco – Unknow Pleasures- decise di farla finita. Difatti - Closer - uscì postumo anche se era stato praticamente ultimato. Un animo decadente?, una mente superiore per vivere una realta banale?, o semplicemente non sopportava il peso delle situazioni che si erano create attorno? D’altro canto altri, prima e dopo di lui, hanno deciso sorte analoga per cui tutt’ora il mistero rimane. Punto terzo- il ricorrere storico di tendenze musicali che dal loro patrimonio (e dai New Order nati dalle loro ceneri) attingono a piene mani non può farci passare inosservato il contributo essenziale che tale fenomeno (oserei dire generazionale) ha lasciato. Gruppi come Killers, Interpol, Glasvegas, White Lies devono innalzare un monumento ai Joy Division per come tale scia sia riuscita a regalare fama e notorietà al loro talento e alla intuizione. Soddisfatti o rimborsati, di certo l’esperienza JD va tenuta in considerazione se non altro per esser riusciti in due album a creare un modello difficile da non osservare attentamente sebbene facilitato dal fatto che un suicidio ne amplifica lo svolgimento.
“Ecco il mondo : un inferno, noi siamo tutti impossibilitati a essere liberi.”
( Decades-Jan Curtis)
Giamp

Joy Division's first TV appearance [SHADOWPLAY]
JULIE CHRISTMASBow

BRITISH SEA POWERLiving Is So Easy


Secondo singolo estratto dall'album Valhalla Dancehall in uscita l' 11 gennaio 2011 (sorvoliamo sulla copertina, che sembra più il logo di una qualche agenzia di sicurezza privata, davvero brutta). Canzone meno brillante della precedente Zeus e già postata qualche settimana fa val comunque la pena ascoltare ancorchè scaricabile gratuitamente.

lunedì 15 novembre 2010

TAPES'N TAPES - Freak Out


Outside, terzo album in uscita  a gennaio prossimo per la band di Minneapolis. Freak Out la canzone che ne anticipa i contenuti. Nell'attesa di ascoltare l'intero lavoro, aggiungo questa canzone alla playlist di fine anno.

venerdì 12 novembre 2010

Ricordando i Wilco, ricordando Milano.


Si usa dire di un live: EVENTO!. Beh quello dei Wilco del 14 novembre 2009, per me lo è stato eccome, considerata la mia (in?)giustificata assenza di spettatore ai concerti, causa distanze abissali da colmare. E così dopo una decina d’anni dall’ultimo, faccio la “fuitina” per i Wilco. Partenza in auto alle 5 del mattino (conoscete quella canzone che fa “e guidare a fari spenti nella notte per vedere” … quello ero io appunto). Fatta un ora e mezza d’auto, alle 7 m’imbarco sul (mini) aereo della compagnia svizzera Darwin (50 posti e le immagini di Lost nella mente per tutto il viaggio). Alle 8.30 atterro a Milano Malpensa. M’infilo nell’autobus per un’altra ora di strada necessaria ad arrivare alla stazione centrale (però che spasso! In ascolto per l’intero viaggio della moltitudine di suonerie africane. Meno male che non era tempo di mondiali di calcio sennò sarebbero state vuvuzela a go-go). Poi l’incontro con Giamp, proveniente da Trento (per lui 3 ore di treno) e dritti in albergo a mollare stanchezza e bagagli. Le ore successive trascorrono all’insegna dell’entra/esci-bevibirra-rutta-sbadigli dai fast food (per un giorno si può fare) e lunghe passeggiate a fotografare il centro di Milano e le sue bellezze: negozi negozi negozi negozi. Duomo. negozi negozi negozi negozi. Scala. negozi negozi negozi negozi. Poi decidiamo di andare al Conservatorio per un sopralluogo, un paio di ore prima del concerto e vai! che becchiamo Tweedy in giro con uno della crew. L’amico “Mussetto” (ottimo Cicerone e compaesano per l’occasione… quante rime!) ci immortala con Jeff mentre a un Giampaolo emozionatissimo gli scappa << ITALIA UNO>>!! tzk tzk [scherzo Giamp, scherzo].
Si fa sera [musica].
Entriamo al Conservatorio. Controllo dei biglietti: posti fila AV n. 11 e 13 …. si sale si sale si sale: aahhrgghh !!! poltroncina con 30 cm di spazio e un metro e mezzo di gambe da tenere compresse per due ore. Chiedo garbatamente a quello davanti se me le tiene per un po’ ma i dischi dei Wilco da autografare erano decisamente, per Lui, molto più importanti. Il mio primo concerto rock da seduto. In effetti l'ultimo concerto visto da seduto è stato quello di Ray Caharles + di 20 anni fa. Poi bene o male ho sempre pogato. Con i Wilco gli unici a pogare sono stati gli alluci dei miei piedi: è stato il prezzo da pagare. Entrano i Wilco. Tweedy annuncia che i Grizzly Bear non suonano a causa di un incidente d’auto il viaggio di ritorno dalla Germania: OLE' !!! Le mie gambe ringraziano. Mezz’ora di penitenza evitata oltre che una band, stimata dal Pitchfork di turno, ma per me assai inutile. Poi 2 ore di stupore per un concerto di “musica moderna”, così come le ha definite il grande Mauro Zambellini, che rimarrà tra i migliori visti nella mia vita (del resoconto musicale ne parlammo già l’anno scorso). Terminato lo spettacolo usciamo dal Conservatorio ebbri di musica e felici come bambini al loro primo lecca-lecca. Ma così contenti che per poco non dimenticavo di andarmi a riprendere le gambe rimaste attaccate alla poltroncina davanti alla mia.
La canzone What Light non l'hanno cantata ma a me, sia la musica che il testo, mi mettono sempre di buon umore. Buon week end a tutti.




If you feel like singing a song
And you want other people to sing along
Then just sing what you feel
Don't let anyone say it's wrong


And if you're trying to paint a picture
But you're not sure which colors belong
Just paint what you see
Don't let anyone say it's wrong


When there's a light
What light
There's a light
What light
There's a light
White light
Inside of you
AKRON/FAMILYFragments from S/T II


Nuovo album in uscita l'8 febbario 2011. Questa la canzone in anteprima.

giovedì 11 novembre 2010

DRIVE BY TRUCKERS, MOONDOGGIES, THE MYNABIRDS

Qualche buona nuova dagli Stati Uniti. I Drive by Truckers, prolifici più che mai, vanno a completare il loro 11mo album in studio che si chiamerà Go-Go Boots e che uscirà l'11 febbraio del 2011. Le 14 canzoni del disco, a quanto si legge, sono parte delle 40 complessive, scritte nell'ultimo anno, alcune delle quali hanno fatto parte del disco del 2009 The Big To-Do molto più rockblues di quello che uscirà e nel quale sono finite le nuove e che a detta della band dovrebbe suonare più country e pieno di ballate. Sotto il video della canzone scelta per l'anteprima.
I Moondoggies invece sono al secondo album dal titolo Tidelands e a due anni dal primo Don't Be a Stranger. Musicalità invariate, mantengono intatte le loro atmosfere tipicamente tradizionali a stelle e strisce. Nel widget a destra trovate un video molto bello di una delle canzoni del nuovo album mentre sotto, olte alla canzone guida di Tidelands, un paio dell'album precedente: due ballate davvero deliziose, ve le consiglio vivamente.
Da ultimo i Mynabirds, all'esordio con THE BASICS: JUST THE MUSIC, PLEASE. Copertina clericale che rispecchia un po' anche le sonorità dell'album che però cede alla disanza. Ma almeno 3-4 canzoni da annotare a partire da What We Gained in the Fire, che potete ascoltare insieme ad altre 3 brani che la band ha proposto in una session per il sito HEARYA (ormai sulla scia di pitchfork ne escono a iosa, ma buon per noi, ascoltiamo e scarichiamo senza pudor!). Buon ascolto.


Drive By Truckers – Used To Be A Cop




The Moondoggies -It's a Shame it's a Pit


The Moondoggies – Changing


The Moondoggies – Fly Mama Fly


THE MYNABIRDS

lunedì 8 novembre 2010

ARCADE FIRE - The Suburbs



Quante cose accadono in un intervallo di tempo che va dal giugno al novembre!!! Parecchie, oserei dire una quantità esorbitante. Ascolti musicali più distesi, rappacificamento con se stessi, riordino forma mentis, riassetto lavorativo, management dell’imprevedibilità quotidiana, persino questioni giudiziarie e così via discorrendo. Ovviamente in questo tempo non vi ho completamente abbandonato. Ho seguito le Vs. evoluzioni giornaliere, alcuni dibattiti, le considerazioni talvolta esagerate. Uno sguardo qua e là , un commento tra me e me a voce bassa, un sorriso per i toni polemici a volte pleonastici. Raccontare di questo periodo costerebbe parecchio in termini di tempo, e il tempo si sa è danaro e fugge spietato. Ma ancor di più costerebbe leggere da parte di chi segue queste pagine. Per cui non cincischiamo e senza eccessivo “outing” che rischia di assillarvi, partiamo. Now I’m Ready to start. Si proprio con il refrain di una delle canzoni tratte dall’ultimo disco degli Arcade FireThe Suburbs - pluriosannato dalla critica (un po’ meno dai soliti detrattori), voglio ri-presentarmi dopo una lunga pausa a voi. Trovo che il disco di cui sopra, in questo lasso di tempo sia stata una delle cose più deliziose che io abbia potuto ascoltare. Win Butler e soci non hanno disatteso le mie aspettative, le hanno semmai fortificate regalandomi una band capace di portarmi in giro non solo in paesaggi fiabeschi alla Funeral o al pascolo in “opere” vicine al dissenso socio-politico gridato in Neon Bible ma nella realtà in cui viviamo fatta di bambini, di ricordi, di indugi, di amicizie disattese, di vampiri assetati di danaro, della tua intramontabile voglia di giovinezza, di landscape metropolitani e non; In the suburbs I, I learned to drive / And you told me we’d never survive / Grab your mother’s keys we’re leaving”. La nota più sconcertante è che ti accorgi, ascoltando certi lavori, di quanto semplice, scontata e circostante sia la realtà. Di come sia più facile recuperare la propria essenza quando di fronte hai te stesso e con te stesso non scherzi, non giochi a nascondino. Semmai non hai un'idea precisa di quando comincerai ad essere te stesso. “When I’m by myself / I can be myself / And my life is coming / But I don’t know when”. Scopri poi in questa esplorazione musicale la bellezza di alcuni paesaggi destinati a scomparire. “Pray to God I won’t live to see / The death of everything that’s wild”. Beh c’è di che divertirsi in questo disco e lo si vede da come i Nostri spaziano con citazioni musicali di tutto rispetto: Joy division, Pixies, Wilco, U2, Owen Pallet (che per altro ha realizzato gli arrangiamenti di Rococo) sprazzi da synth band e roboanti chitarre punk. Persino lo scettro del canto lasciato nelle mani di Regine (moglie e polistrumentista) Ma soprattutto non fanno a botte con il loro passato e non nascondono la musica per cui li abbiamo apprezzati, deliziandoci con brani come Ready to Start, Deep Blue, I Used to Wait in perfetto stile ArcadeFiriano, Intensità liquefatta, che passa dallo stato solido a quello gassoso in men che non si dica. Brani di dura critica al convulso modo di condurre la vita. Ora tolte le premesse, tolti i motivi del silenzio, tolte le critiche, le attese, i detrattori gratuiti, io questo disco me lo sono "moltissimamente e infinitamente goduto” nel mio lettore, nella bluesmobile e in ogni luogo esternabile in questa sede ufficiale. “A chi non ci fosse piaciuto io non lo sputo sennò lo approfumo” !!!! Simpaticamente…..
Giamp Giamp Giamp Giamp Giamp Giamp