lunedì 28 dicembre 2009

A LONG DECEMBER
(& a happy new year)

A long december and there’s reason to believe

Maybe this year will be better than the last
I can’t remember the last thing that you said as you were leavin’
Now the days go by so fast


And it’s one more day up in the canyons
And it’s one more night in Hollywood
If you think that I could be forgiven … I wish you could

giovedì 24 dicembre 2009

Merry Christmas Mr BEAN

Certo non mi scompiscio davanti alla comicità di Mr. Bean ma questo sketch sul Natale e in particolare la scena in cui gioca con i pupazzetti del presepe (dal min. 2,30) mi mette di buon umore e mi ricorda di non prendere mai troppo sul serio le cose della vita. Buon Natale a tutti.

lunedì 21 dicembre 2009



Le 25 migliori canzoni (assolutamente gratuite) che hanno fatto parte delle playlist mensili del 2009 del blog.

venerdì 18 dicembre 2009

PRINCETON  - Calypso Gold
Un'altra bella canzone di una band, i PRINCETON dalla California, che segue l'onda lunga di questo nuovo movimento musicale che ricama i brani con suadenti e melodie e belle voci.
Buon ascolto

mercoledì 16 dicembre 2009

Julian Lennon & James Scott Cook
(storie di ordinaria solidarietà e grande musica)


E alla fine arriva Lucy. Quella nel cielo con i diamanti che quarant'anni fa splendeva insieme a tante altre stelle nella costellazione BEATLES. Non sapevo. Lei era un'amica di Julian Lennon, il piccolo Julian. Lucy però, oggi non brilla come un gioiello ma trascorre, sofferente, le sue giornate, in balia di una brutta malattia chiamata Lupus. Il primogenito Lennon, dunque, si è offerta di aiutarla facendo quello che il suo papà sapeva fare tanto bene: scrivere una canzone, i cui proventi finiranno (almeno si spera nda) alla Lupus Foundation of America. E l'ha fatto incrociando l'ugual destino dell'amico, James Scott Cook che cercava una maniera per ricordare la nonna, anch'ella Lucy e affetta da Lupus. Ne è venuto fuori un EP di 2 canzoni. La prima è  Lucy, appunto, molto bella e orecchiabile; la seconda, che reputo ancora meglio, si chiama Sober. Entrambi i brani finiranno sul disco nuovo di Lennon, Julian, in uscita nel 2010. L'inizio sembra splendere davvero, come un diamante.
Gianni


lunedì 14 dicembre 2009

MUSIC OF 2009 REVISITED


[ Il 2009 rivisto dai redattori di questo blog GiampGianni, con 10 canzoni scelte da ciascuno per sugellare l'annata ]
[ La settimana prossima invece verranno postate le 25 migliori canzoni di "Quello Che Le Radio Non Dicono" ]

Il mio viaggio musicale per il 2009 comincia come sempre di seguito ad una conversazione con il caro amico Gianni, conversazione che ha trovato spunto dal fatto che la musica a detta di qualcuno non avrebbe più niente da dire per tanto inutile scavare in cerca di probabili nuove emozioni che la stessa musica genera . Di certo tale affermazione non trova concorde il sottoscritto, più facilmente trova concordi il sottoscritto e Gianni su un punto in particolare e cioè che i "senatori a vita" della musica internazionale con i loro lavori attesi da anni, nulla di decisivo hanno lasciato nella nostra anima assetata di emozioni. Forse addirittura proverei a dire che più deludenti sono stati inutili, percorrendo lo stesso solco e mancando così di naturalezza capace di emozionare. Attraverso la rete (e quindi attraverso i blog di settore e non) e con la collaborazione di Gianni, ho scoperto gruppi che nemmeno immaginavo esistessero. Gruppi che non hanno le credenziali dei Pink Floyd , degli U2, di Placebo, di Moby, dei Pearl Jam,di Bob Dylan, di Depeche Mode, The Muse e così via, ma capaci con le loro composizioni, di scandire battuta dopo battuta, nota dopo nota, melodia dopo melodia, parola dopo parola gli attimi delle nostre interminabili ventiquattrore, apparentemente tutte identiche, ma che alla fine si diversificano proprio per la dissimile colonna sonora. Ma questa è altra storia, a noi a questo punto dell’anno interessa stilare una playlist di ciò che invece ha lasciato un segno .
Non dico tangibile ma che almeno abbia scatenato svariati ascolti e serotonina a iosa tra le sinapsi del nostro beneamato cervello. Non potevo nemmeno annoiarvi con una lista lunga, inesauribile, di tutto il materiale che ho ascoltato per diletto e per responsabilità. Allora ho pensato al film Alta Fedeltà e al modo che avevano i personaggi di fare delle piccole classifiche per eventi più o meno da ricordare. Ecco quindi di seguito una breve Top 10 che ricalca l’andamento degli ascolti del sottoscritto e che tiene conto del numero di ascolti , emozioni risvegliate, sensazioni da ricordare, cronologia, episodi di vita e che vede esclusi per il motivo già ricordato i ” senatori a vita “.  Lunga vita al Rock !!!!!
Giamp
P.J. Harvey & J.Parish (a woman a man walked by) - Dan Auherbach (Keep It Hid) - Wilco (Wilco, the album) - Barzin (Notes To An Absent Lovers) - Malakai (The Ugly Side Of Love) - Arctic Monkeys (Humbug) - Wild Beasts  - (Two Dancers) - Editors (In This Light) - The Swell Season (Strict Joy) - The Leisure Society (The Sleeper)
#  Le 10 canzoni scelte da Giamp  #


Il resoconto musicale di ogni fine anno è operazione quanto mai necessaria in termini di pulizia. Finalmente via i post-it che hanno affollato la mente nei 12 mesi. Il 2009 è cominciato con la scoperta di 2 lavori del 2008 che se venuti fuori in tempo avrebbero mitigato la scarsa qualità delle uscite dell’anno anzi detto. Si tratta dell’esordio di Eugene Mcguinness e le atmosfere retro del disco che porta in se con almeno 4-5 canzoni degne di nota a partire dal singolo Fonzie.  L’altra è il risultato di un buon compendio della musica rock americana degli ultimi 20 anni a cura dei canadesi Wintersleep con Welcome To The Night Sky. A marzo è stata la volta dei redivivi Franz Ferdinand, che hanno fatto da colonna sonora all’estate insieme agli esordienti Twisted Wheel. Innegabile la forza di brani dei Franz Ferdinand quali Ulysses, Twilight Omens, No You Girls che rimarranno a lungo nella mia memoria insieme al tormentone You Stole the Sun dei Twisted Wheel. Una menzione anche per John Frusciante che da solo lo preferisco alle ultime sfornate dei Chili Peppers. Morrissey ancora sugli scudi e lavoro, Years of Refusal, sicuramente inferiore a You Are The Quarry ma una spanna sopra i suoi più recenti. Sempre a proposito di musica retrò bello il taglio e cucito dei Malakai mentre PJ Harvey fa di nuovo centro nella sua versione più inquieta e disturbata e pur sempre apprezzabile: rasoiate che lasciano esterrefatti e confusi. Il disco adulto dell’anno a cura dei Pink Mountaintops, ovvero la parte “rosa” e più delicata dei mono(corde)litici Black Mountain. Sul fil di lana le new entry dei Leisure Society, The Swell Season e Tegan & Sara sicuramente da tenere d’occhio in futuro. Disco “cuore” dell’anno e concerto dell’anno (pensa te è anche l’unico che ho visto) per i Wilco che non finiscono mai di saziare la mia anima.
Gianni      
# Le 10 canzoni scelte da Gianni #

venerdì 11 dicembre 2009

Times New Viking – Born Again Revisited

Per un un week end abrasivo ...

EDITORS - In This Light And On This Evening


[ con la recensione degli Editors si chiude ufficialmente il 2009 per il quale la settimana prossima verranno riportati gli ascolti e le sensazioni dei curatori di questo blog, Gianni e Giamp ]

C’è di che discutere sul terzo atteso lavoro degli Editors. C’è chi lo definisce disco della crescita , altri pensano invece, come tanti altri gruppi hanno già fatto, che vivano di scopiazzature. Altri poi non ancora capiscono la direzione che vogliono intraprendere e patapim e patapam ( direbbe Alex Drastico alias A. Albanese)…. E questo è quello che gli altri dicono a riguardo. Il sottoscritto ( che il dono della schiettezza di certo possiede !!!) parlando con il cuore non può che attestare dopo un periodo di ascolto, che il disco seppure si trascini su temi cupi e melodie intimiste , lascia un buon sapore in bocca, e a parte la danzereccia Papillon i brani proposti nel loro nuovo lavoro vedono si l’uso dei synth (che soppianta le chitarre) e l’approccio con l’elettronica, ma come qualcosa di necessario e non unicamente come logica legata a interessi commerciali. Giro di boa obbligato e coraggioso così come altre band hanno già dimostrato di dover fare e pensiamo a chi invece questo bagaglio non ha voluto portare, ed oggi magari è obbligato a sciogliersi come neve al sole (vedi Oasis ). Tra l’altro il primo lavoro aveva entusiasmato, avendo spazianto in territori vicini ai primissimi U2 , mentre elogi e conferma di qualità vengono con il secondo lavoro in cui imboccano la strada che fu appunto dei Joy Division ( band a cui abbiamo dedicato a GIUGNO considerazioni più che soddisfacenti). Strada successivamente intrapresa da molti altri (si pensi ad Interpol e compagnia bella) e che genera competitività. Ma torniamo a bomba a parlare del disco senza tirarci per le lunghe. Disco affascinante e quanto mai profondo all’ascolto. Venato di sfumature industrial e dark, tanto da renderlo di effetto oscuro ed intimista. Si spazia da The Cure a Depeche Mode, New Order e udite udite Radiohead. Le tracce da non farsi mancare: The Big Exit in cui il cantato emula per l’appunto Tom York, The Boxer freddo e gelido incedere della pioggia, Walk e le sue atmosfere nebbiose, l’oscura Eat raw…. , e l’inquietante In This Light And On This Evening. Mi piace inoltre pensare, mentre il disco gira nel lettore, come sarebbe l’ascolto se il disco fosse stato concepito dai Joy Division .  E davvero per poco, chiudendo gli occhi, si è portati a pensare che il cantante con quella voce, non fosse per questo, rappresenti la reincarnazione di J Curtis.
Giamp

mercoledì 9 dicembre 2009

Ode to PUKEKOS.ORG

Pitchfork? naaaa! Stereogum? naaaaa! Pukekos? Yeah!! E non crediate di imbattervi in chissà quale sito specializzato in musica,no! A simple blog, of course , curato e diretto da Mr Benjamin J Rubin. Questo giovin signore ha aperto il suo baule musicale e ha tirato fuori tanto di quel materiale interessante e (per me) sconosciuto, ma qualitativamente eccelso, che ogni volta non manca di stupirmi. Ripescaggi della casa discografica dove lavorava, registrazioni su nastro regalate dagli amici, dischi registrati e mai usciti e pur sempre bellissimi e tanto, tanto altro ancora dal suo personale cilindro. Tanti generi diversi provenienti dai decenni più gloriosi degli anni 60-70 fino ad oggi. E la cosa più bella sta nel fatto che i suoi gusti si avvicinano tremendamente ai miei e quindi per il sottoscritto è una vera goduria. E per ogni post, musica da scaricare a go-go (se sia gratuita però non è dato sapere). Qui sotto un paio di cosette trovate qualche settimana fa: i Quatermass (una sorta di Deep Purple senza chitarre) e i Bad Thoughts con una canzone che ricorda i Morphine e di cui non se ne aveva traccia. Ascoltate e ditemi se non ne vale la pena farci una puntatina. Attivo dal 2008 e scoperto solo adesso, non posso che augurargli lunga vita…almeno fino a quando il suo pozzo musicale non prosciughi.
Ladies and gentlemen, for your listening pleasure
Quatermass - Gemini

Bad Thoughts - Oh Jena

lunedì 7 dicembre 2009

THEM CROOKED VOLTURES - [st]
(riflessioni e appunti)

Un’altro supergruppo. Un album che probabilmente rimarrà unico, sarà seguito da un tour e magari poi consegnato alla storia come imperativo ed obbligatorio per gli amanti del buon rock.
Dalla mia l’ascolto è seguito da un senso di dejà vù. Un seguito più o meno a ciò che furono i fasti del rock ‘70 a matrice psichedelica e hard. Si, per dirla in altre parole, a quei sovrabbondanti rimandi maledettamente zeppeliniani. Ma si sa oggi fruire di buona musica diventa condicio sine qua non e ad ogni buon conto passibile d'interpretazione. Eppure gli ingredienti ci sono:
una parte di spirito rock;
tre parti di supermusicisti;
spolverata di critica positiva;
un pizzico di voglia di rimettersi in gioco;
divertimento e sperimentazione q.b..
Malgrado le maldicenze che vedrebbero Them Crooked Vultures – così si chiamano in questa formazione D. Grohl, J. Homme e J.P..Jones.- in aria di raccattar danaro da questa esperienza, il disco uscito a metà novembre, altro non pare che un tributo al rock senza ambizioni se non quella per ora di piacere agli appassionati del genere. Ritmica penetrante ( difficile fare diversamente), riff ispirati ( belli i richiami ai Van Halen) voce inequivocabilmente stoner, ma a parte ciò il disco si trascina su reimpasti di esperienze del passato dei tre componenti di tutto rispetto. Un altro incidente di percorso per un supergruppo, o davvero sarà una pietra miliare? Si sa la fretta non genera animali perfetti per tanto è troppo presto esprimere giudizi estremi, non ci resta che ascoltarlo. Buon ascolto.
Giamp

venerdì 4 dicembre 2009









ROCK ... (scaricate pure senza paura)



... e dintorni (scaricate pure senza paura)

mercoledì 2 dicembre 2009

ANCESTORS - Of Sound Mind
Secondo lavoro a nome dei LosAngeliani Ancestors. Il metallo pesante è un genere che faccio mooooolta fatica a digerire. Ma la loro musica, sebbene sia ben impiantata su quelle tonalità, cerca di emergere (riuscendoci talune volte) in maniera "originale", realizzando un viaggio dove i Neurosis tendono la mano ai Pink Floyd e ai King Crimson riuscendo, così, a stemperare l'ostico ascolto. 8 tracce di cui 4 che oscillano tra i 13 e i 17 minuti. Si tratta di un viaggio, dicevo, di quelli in alta montagna a rischio di apnea. Tenete a portata la maschera. Il brano quì inserito, The Ambrose Law, ovvero la legge di Ambrogio (pare che Bossi abbai fatto pensiero per usarla come prossimo inno padano) è quello di chiusura dell'album, che la band ha reso disponibile gratuitamente (scaricabile anche da quì cliccando su Divshare) quanto mai rappresentativo dell'intero Of Sound Mind, e che gli conferisce un 1/2 voto in più.

PETER GABRIEL - Digging In The Dirt
Con la penuria di video musicali che c'è in giro, degni di questo nome, ho cominciato a cercare e a scavere ... e scavando scavando, son finito nello sporco dell'Arcangelo Peter.

lunedì 30 novembre 2009

EUTERPE ... in ASCOLTO
Mi piacerebbe un giorno fare il gioco delle sillabe finali usando le canzoni insieme agli amici fruitori di buona musica compreso quelli di "L'Orecchio di Afrodite" che qualche giorno fa postando la nuova canzone di Paul McCartney che fa da colonna sonora al film Everybody's Fine, con protagonista De Niro (e che altro non è che il rifacimento di Stanno Tutti Bene di Tornatore), mi ricordavano che la stessa faceva pendant con Once Upon a Long Ago sempre del Macca di circa 20 anni fa. Entrambe sembrano fatte apposta per accompagnare la lieta novella del 25 dicembre. E così si è messo in moto il meccanismo del “trova la successiva”. Ovviamente ce ne sarebbero a centinaia da elencare, ma nell’ambiente alternativo non so quante se ne troverebbero adatte per l’occasione. Avendo già usato, inutilmente, l’aiuto da casa e quello del pubblico in sala non mi è rimasto che il juke-box mnemonico. Così mi sono tornati alla mente quella dei Fleet Foxes dello scorso anno e parlo di White Winter Hymnal e quella recentissima di una band inglese esordiente che si chiama The Leisure Society. Questi baldi giovani ve li segnalo in questa occasione per la canzone natalizia pescata dall’album The Sleeper, Save It For Someone Who Cares, e più in generale per l’album nel suo complesso. Un disco per il quale trovo difficile farne una recensione tecnica, no; semplicemente lo trovo caldo e confortevole come una sciarpa avvolta al collo o un abbraccio fraterno e amorevole che mi farà stare meglio. Non male come regalo di Natale o come premio più alto ad una partita di Mercante in Fiera.





sabato 28 novembre 2009

giovedì 26 novembre 2009

THE DECEMBERISTS - The Hazards Of Love
Inesorabile sta per arrivare il momento delle classifiche di fine anno anche perchè dicembre di solito è parco di novità. Sto riascoltando i dischi che non mi hanno convinto del tutto ma meritevoli di ulteriori attenzioni e ho trovato nel cassetto questa lettera che a suo tempo scrissi a mr. Meloy.

Stimati Decemberists, e in particolare, egregio Colin Meloy. Vi scrivo questa mia per esprimerVi il mio rammarico a proposito della vostra nuova fatica (e che fatica!) discografica The Hazards of Love. Vi ho scoperto, conosciuto ed amato sin dai tempi in cui esordivate con Oceanside che sovente ascoltavo in macchina (dalle nostre parti si dice) a palla mentre, di ritorno, percorrevo la “sinuosa” litoranea sud del Gargano. Capii di aver appena fatto amicizia con un signor gruppo, il cui front man, appunto lei, mr Colin Meloy suscitava in me più di un’emozione nell’ascoltarla cantare. Così vi ho tenuto d’occhio anche con i successivi e così così Castways & Cutouts e Her Majesty. Ma il germe della grande band era ormai stato seminato e i frutti non sarebbero tardati a germogliare. È così che nel 2005 avete fatto in modo che mi deliziaste con l’ascolto e il conseguente innamoramento di Picaresque, con un rafforzato song-writing in grado di scrivere piccole e intense storie “d’amore e dinamite” all’interno di ogni canzone. Con il successivo The Crane Wife, Lei, mr. Colin Meloy, è voluto andare oltre, musicando una vecchia favola giapponese, lasciando però, che le canzoni, pur costituenti un tutt’uno in fatto di narrazione, potessero venire estrapolate ed ascoltate unitariamente senza il timore di aver lasciato indietro qualcosa. A quel punto il mio coinvolgimento emotivo è stato totale. Nessun altro avrebbe potuto (e mai potrà) prendere il suo posto mentre canta in The Engine DriverI am the heart that you call home…If you don’t love me let me go” o quando decanta l’estate in SummersongAnd summer arrives with a lenght of light, and summer blows away and quitely gets swalled by a wave”. Mi chiedevo però, dopo The Crane Wife, che cosa avrebbe fatto partorire dalla sua mente e dalla sua penna capace. E dopo tre anni di attesa, eccola qua: una folk-opera, The Hazards of Love. Una volta li definivano concept-album, con prelude, interlude, Hazards of Love parte I, II ecc. e i vari reprise, ma il risultato è sempre lo stesso. Un album per più di un ora di musica da ascoltare tutto d’un fiato. Ma un’apnea così lunga rischia di trasformarsi in soffocamento a causa della omogeneità testuale e musicale delle canzoni (meglio noto in cucina come polpettone), che rende difficile distinguere le une dalle altre, nonostante la S.V. abbia cercato di infarcire il suo folk elettro-acustico con richiami agli anni ‘70 dei Led Zeppelin, Black Sabbath, Deep Purple. Questa mia lettera confidenziale vuole essere così, a questo punto del vostro cammino artistico, un ringraziamento per quanto fatto ad oggi, nonché un augurio di presta guarigione da quella brutta malattia che a volte compromette la carriera di un artista, chiamata ego. Con immutata stima (per ora). Vostro affezionato.

mercoledì 25 novembre 2009

JARVIS COCKER - Further Complications (video)
(a.a.a. regista cercansi)

Disco davvero interessante quello dell'ex Pulp con 5-6 canzoni da incorniciare. I video invece, aiuto! Passi il primo, Angela, semplice, niente di trascendentale, un buon accompagnamento alla canzone. Secondo singolo, toglie i cubi del primo ed è fatta. Oppure l'ha girato Spike Lee e io ne capisco na mazza. De gustibus.

martedì 24 novembre 2009

Risparmiare in beneficienza si può
Partite del cuore, tornei di beneficenza, SMS di solidarietà non sono mai stati la mia passione, figuriamoci la mobilitazione di tutto quel presepe vivente allestito per l'occasione ( il terremoto in Abruzzo) da Jovanotti e soci e che vede la correità fattiva di Mauro Pagani con il brano Domani. Magari alcuni restaranno stupiti (e non più di tanto per chi mi conosce) da tale mia affermazione provocatoria e che apparentemente suona sacrilega di fronte al dramma di un terremoto di portata e tragicità enorme come quello accaduto in Abruzzo. Il fatto, vedete, è che per raccogliere fondi a sostegno degli amici aquilani (tanto li considero dato che ho trascorso tre bellissimi anni nella loro Città) si è dovuti ricorrere ad una operazione di realizzazione di un mono CD (un po' come si è già fatto con Il Mio Nome è Mai Più) supportato da 56 cantanti (da qui il Presepe Vivente) i quali dubito fossero ignari del fatto che il loro brano tutto è, tranne che inedito, se non nel testo!!!! Provate ad ascoltare Domani e dopo 5 minuti ascoltate Only a Woman Like You di Michael Bolton. Incredibile ma vero; la canzone sembrerebbe identica e l'esclamazione, " Mi pare di averla già sentita questa canzone " prenderà corpo e consistenza. Il dubbio sorge. Plagio o verisimiglianza? Cover o semplice paraculaggine? Ora è d'uopo una spiegazione tecnica del termine Plagio. La Legge - (Sed Lex Dura Lex, e chi meglio sennò, hihihihi) dice: " Dicesi Plagio- (alla Fantozzi) quando una persona si appropria di elementi rappresentativi e creativi di un'opera per introdurli sotto il nome proprio in un'altra opera......( L. n. 633/1941). In termini musicali il plagio lo distinguiamo da una cover o da una somiglianza, quando la struttura degli accordi è uguale o molto simile, senza tralasciare il fatto che la melodia e gli arrangiamenti possono essere uguali. Anche una sola parte della composizione se uguale può dare adito ad un plagio. Possibile quindi che celeberrimi nomi della canzone italiana e della industria musicale nulla possono per evitare che tali atti avvengano senza vergogna alcuna? Forse il manico del coltello è dalla nostra parte, magari non acquistando il CD, ma l'uomo è debole e dinanzi a tali operazioni che ti vedono coinvolto emotivamente nulla si può, ed elargire 10 euro e scopo benefico fa star meglio.....non solo noi stessi!!!!!
Giamp





lunedì 23 novembre 2009

mercoledì 18 novembre 2009

WILCO - Live in Milano - 14/11/2009
radiografia di un concerto/evento (pt.2)
Lontani dallo star system e dallo stereotipo di rock band stanca ma meritatamente arrivata, ergo piena di sonanti dollaroni, i Wilco hanno concesso uno show fatto tanto di essenzialità scenica quanto di musica altamente spettacolare. Una macchina perfetta, anzi un orchestra. Non si guardano, non si cercano, perfettamente calati ognuno nella loro performance, alla ricerca della migliore interpretazione possibile della tradizione musicale americana. Grandi anche nella scelta dei brani e nel non voler piazzare/pubblicizzare a tutti i costi i nuovi, (cosa che sarebbe stata comunque legittima) cantandone solo 4, Deeper Down, Bull Black Nova, Sunny Feeling e One Wing (l’inizio di questa canzone ti porta esattamente above the clouds, proprio dove sono ora). Quattro ripescate da Sky Blue Sky: Impossible Germany, Side With Seeds, You Are My Face e Hate It Here; ben 7 saccheggiate da Yankee Hotel Foxtrot: Jesus etc., I Am Trying To Break Your Heart, Poor Places, I’m The Man Who Loves You, Ashes of American Flags, Heavy Metal Drummer e Reservations; 6 da A Ghost Is Born: Hummingbird, I’m A Wheel (che ha chiuso il concerto), Spiders (kidsmoke), Handshake Drug, Company In My Back e The Late Greats. Un’altra manciata di canzoni più datate: Via Chicago, Misunderstood, A Shot in The Arm, California Stars e altre 2-3 che ora mi sfuggono. La sensazione netta che mi è rimasta alla fine dello show è che le canzoni dell’ultimo album suonate dal vivo, ancorché bellissime, non hanno retto il confronto con quelle dei dischi precedenti (Yankee Hotel Foxtrot e A Ghost Is Born su tutti) che dal vivo ne hanno guadagnato in fuochi d’artificio. Sarà impresa alquanto ardua dimenticare i 15 minuti di Spiders (una delle più belle da me ascoltate in tutti i live in cui sono stato presente), Via Chicago, Impossible Germany. Canzoni che partono piano, incalzano, esplodono, implodono, tagliano in due, colpiscono dritte al cuore, si spengono, si riaccendono. A scuola di musica, dunque, dove Tweedy (chitarra) disegna, Nels Cline (chitarra) colora, Kotche (batteria) e Stirrat (basso) usano le costruzioni, mentre Jorgensen e Sansone (organo)… guardano e portano gli zaini dei capoclasse: davvero minimo anche se necessario il loro apporto di calorie rispetto all’energia profusa dagli altri quattro. Bene, l’aereo sta per atterrare. Thank’s Wilco. I once belong to a bird … anch’io per una volta.
Gianni Ragno



lunedì 16 novembre 2009

WILCO - LIVE IN MILANO - 14/11/2009
radiografia di un concerto/evento

Ore 9.02 di sabato 14 novembre, l’ avventura ha inizio; treno puntuale ed io, che pure sono avvezzo a simili esperienze, vengo colto da improvviso attacco di emozione nel partire per andare a congiungermi (nel senso di incontrarsi [notadiG.] al caro amico Gianni ed insieme assistere, in serata, all'esibizione dei Wilco nella loro II tappa italiana in quel di Milano. Il treno, dicevo, giunge puntuale all'appuntamento. Semivuoto fino a Verona di seguito si popola improvvisamente di pacifici tifosi della nazionale di rugby che diretti anche loro a Milano mi tengono compagnia con festosa allegria. Milano è anche questo. Milano e le sue passeggiate tra i negozi e le bellezze architettoniche. Milano, Piazza del Duomo, Piazza S.Babila, Piazza Diaz con la sua storia di Partigina memoria, piazza Loreto ed i suoi crocevia ed ancora Corso Buenos Aires con mille profumi di cibo, caffè e dolci, via Montenapoleone e lo sfarzo che fuoriesce dalle vetrine. Milano poi mi ricorda gli anni giovanili; le sortite per assistere a concerti quali Psychedelic Furs, Simple Minds, Echo and Bunnymen. Anni in cui emigrare faceva il pari con autonomia e ti rendeva cool. In quegli anni decisi di trasferirmi in Lombardia ma con scarsa propensione al dialogo con i padani. Ma questa è altra storia e non voglio tediarvi. E poi Milano ancora che mi riporta al concerto degli U2. Ancora città eternamente patria per molti dei nostri concittadini e di molti dei nostri padri negli anni 50, anni del dopoguerra, anni di magra nella nostra terra. Milano capitale della moda, Milano da bere e quante altre cose ci ricorda Milano. Milan l' è en gran Milan recita un vecchio adagio. Di sicuro Milano questa sera sarà ora più che mai, vicina a Chicago e alla band di Tweedy and company che non si sa mai chiederà di purificarsi sotto l'ombra della Madunnina.

WILCO – Il concerto
(report by Giamp)
Wilco in gran spolvero. Wilco nudi e crudi essenziali nelle parole (abbiamo sentito il saluto di J.Tweedy dopo 40 minuti dall’inizio della serata) ma superlativi nella loro esibizione di 2 ore abbondanti. Platea al gran completo, compreso noi 2 (avvocato e ragioniere mancati) costretti tra le poltrone del conservatorio G Verdi. E che diamine, fateli un po’ più larghi i posti a sedere!? Ma ciò non conta, quello che conta è che assistiamo, ma soprattutto sentiamo (eccome se sentiamo) una tempesta di suoni ben concepiti, diametralmente opposti ma ad ogni modo parti di un unico episodio. Come se tutt’a un tratto Bob Dylan fosse stato risucchiato dal fenomeno Grunge e al contempo da una orchestra sinfonica…..roba da brividi e pelle d’oca alta così, si insomma non lo posso far vedere ma immaginate come!!!!! Ineccepibili gli intrecci tra sonorità classiche americane ed esplosioni di acidità inaudita. L’inizio è sempre una sorpresa, un motivo per scommettere tra noi due su quale probabile brano andrà a dare il via alle danze, per l’occasione Ashes of American Flag non poteva essere brano più azzeccato, visto che cercavamo quell’impatto emotivo che solo un brano di tale portata con il suo Kilometrico assolo finale poteva donarci. Si concedono anche qualche siparietto con il pubblico a conferma che Tweedy è persona simpatica come già si apprezza (data la sua disponibilità per una foto ricordo) nell'incontro casuale che abbiamo avuto alcune ore prima del concerto al di fuori del teatro. D’altronde anche nei suoi testi si nota la sua capacità di divertire (traducete il testo di Heavymetal drummer ad esempio); il resto della serata sono: le dolci ballate al fulmicotone, l'entusiasmo compresso di Gianni, la tecnica ineccepibile della band, le inverosimili virate folk-fusion-sperimetali, i conturbanti assoli del chitarrista e di Tweedy , la folla ammassata a ridosso del palco che si dimena al ritmo di Spider (kidsmoke) con una versione tirata senza limiti temporali. Tirando un pò il fiato alla fine della serata ( stavamo per desaturare data la carenza di ossigeno) torniamo in albergo, non prima però di aver gustato un buon boccale di birra nella vicina birreria. Accaldati quanto basta da non sentirla nemmeno passare per la gola arsa dalla calura e dalla veemenza dei suoni appena ascoltati. Al mattino dopo, senza colpo ferire, la sveglia ci riporta alla realtà e tra la nebbia fitta di Milano riprendiamo la strada verso casa, ma con quel motivo che gira ormai dalla sera prima, senza sosta alcuna nella mia testa e che fa'.... Impossible Germany, unlike Japan, wherever you go wherever you land …. Giamp
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A breve il live visto da Gianni con filmati a seguito. Produzione propria.

venerdì 13 novembre 2009

KING CRIMSON
In The Court Of The Crimson King
# Live In Hyde Park #
Chissà se un blog è in grado di curare i traumi adolescenziali. Il fatto è che ho perso la verginità nel 1981, a 12 anni, per mano… di Nikka Costa, per la quale avevo preso una cotta bestiale, (parlo ovviamente di verginità musicale, maliziosi all’ascolto!). Era uscita con la canzone On my Own, e ogni volta che la sentivo alla radio cantare “sometimes i wonder where you’ve been” cupido mi colpiva. Visto il mio persistente stato catatonico, allora, mio fratello maggiore decise di intervenire in maniera totalmente drastica e antidemocratica. Fu così che una sera mi invitò ad entrare nella camera dove studiava e con la sola luce dell’abat-jour accesa, mi disse di accendere il (letteralmente) mangianastri nero Grunding, il cui tasto play, in quei giorni, veniva sostenuto da un pezzetto di cartoncino per adempiere alla sua funzione. Completamente contrariato dall’ordine impartitomi….obbedii e avviai il nastro. Trascorsi circa 30 secondi di assoluto silenzio dall’inizio della cassetta, la musica di 21th Century Schizoid Man strabordò dal registratore e la grande bocca spalancata della copertina mi risucchiò completamente. Chitarre, basso batteria, i fiati e la voce distorta di Greg Lake mi lobotomizzarono il cervello. Il progressive degli anni ’60 fu molto dibattuto nelle alte sfere della critica musicale. Era amato oppure odiato, quasi mai veniva analizzato. Ma i KC, e in particolare, In The Court Of The Crimson King, riuscì nel’impresa di accontentare proprio tutti. Un disco facilmente rinvenibile nelle famose classifiche dei dischi da portare sull’isola deserta (compresa la mia). Ascoltare in The Court è come entrare in una di quelle case antiche fatte di enormi stanzoni collegate ad altre enormi stanze. Ognuna delle 5 chiamiamole canzoni/composizioni include in se altre canzoni/composizioni. A cominciare dall’iniziale 21th Century Schizoid Man le cui sonorità fanno pendant con la copertina dell’album e la schizofrenia dell’uomo del ventunesimo secolo. L’uso “sconsiderato” delle tastiere di McDonald, le chitarre del genio Fripp e la voce metafisica di Lake, conducono l’ascoltatore in un caleidoscopio, che all’inizio si colora di una semplice melodia per poi avvolgersi intorno a se stessa con suite sonore che non scadono nell’autocompiacimento fine a se stesso, e infine dileguarsi, e ritornare alla semplice melodia. È fatto divieto assoluto di ascolto parziale del disco. Capisco che oggi è impresa ardua,. ma una volta val bene tentare. Poi diverrete anche voi giudici, al pari dei suddetti critici musicali: lo odierete e lo cancellerete dall’hard disk; oppure lo adorerete e finirete per comprarvi anche la T-shirt con l’immagine della copertina dell’album, con il risultato di spaventare il vostro vicino di casa.
Gianni Ragno








martedì 10 novembre 2009

Philly & Other Stories

Questo mese (virus informatici permettendo) vi tedierò con i King Crimson con un paio di recensioni/concerto riferiti a due momenti storici precisi della band, ovvero, quello della loro (e della mia) nascita (1969 e dintorni) e quello degli anni '80 con Re Cremisi totalmente rinnovati a parte il deus ex machina Robert Fripp. Omaggio più che dovuto a 40 anni dall'uscita di In The Court Of The Crimson King, album che riuscì a mettere d'accordo buona parte della critica pro e contro il momivento cd progressive. Con questo post, inoltre, voglio ricordare anche lo Spectrum di Philadelphia, palazzetto dello sport, il cui parquet ha ospitato musica e sport per quasi 50 anni e che il 31 ottobre ha chiuso i battenti con quattro concerti in altrettanti giorni tenuti dai Pearl Jam, che, (al solito), hanno onorato al meglio il compito pescando dal loro repertorio ben 133 canzoni diverse. Il "Philly" inoltre, è stato teatro delle gesta sportive di uno dei più grandi giocatori di basket (e mio idolo indiscusso). Lo chiamavano il Nurjev del basket, Dr J., mr. Julius Erving.



giovedì 5 novembre 2009

MUSICOTERAPIA
(canzoni per un pronto risveglio .. dal coma)

Se ne parlava proprio con Giamp quest’estate durante un “breefing” cestistico. Io gli raccontavo di un mio episodio legato ad un salvataggio emotivo ad opera dei Wilco e di come a volte anche il solo ascolto di alcune note possa dare dei benefici psichici. Giamp, da par(amedico) suo, mi menzionava di alcuni studi fatti in Inghilterra a proposito dell’utilità della musica applicata ad alcuni casi di Alzheimer. E proprio nel numero di novembre del Mucchio ho letto un’intervista al professor Marco Tosolini, (docente del conservatorio musicale di Trieste e collaboratore dell’associazione Il Flauto Magico) studioso degli effetti dell’ascolto della musica nei pazienti in coma, alla luce dei vari casi di risveglio rilevati in diverse parti del globo terrestre. Ma quello che più mi premeva postare (il 14 prendo l’aereo per andare a vedere i Wilco), era un testamento sonoro nella (scongiuriamo qualsiasi malaugurata e per la serie grattatio pallorum…) ipotesi dovesse capitare sull’aereo un terrorista che rimasto senza biglietto decida di farlo precipitare e per questo finire in stato comatoso. Detto che aborro l’idea di un’eventuale accanimento terapeutico, non vorrei perdere, invero, l’occasione di essere un testimone attenibile di questi studi e poi, detto com’è, ascoltare un po’ di buona musica per qualche giorno, senza essere disturbato non mi dispiace affatto (troppo cinico?). E per accelerare questi test, meglio che la mia dolce metà venga già pronta con il materiale occorrente, anche perché se dovesse farmi ascoltare tutti i cd in mio possesso, finisce che Lei entra in coma e io ne esco (… mmm, però … il delitto perfetto mmm … non ci avevo mai pensato).
Le canzoni, ma anche semplicemente un accordo, un soffio, un passaggio armonico, che vado a elencare, sono quelle che per chissà quale ragione hanno maggiormente smosso i neuroni e quasi tutte dall’andamento lento-moderato-mezzotempo: la prima è Man Of The Hour dei Pearl Jam “Ora l'uomo del momento/ha fatto il suo ultimo inchino/mentre cala il sipario/io credo che questo sia semplicemente/un arrivederci, per ora..." I Wilco con Either Way “forse domani il sole splenderà/le nuvole spazzate via/forse non avrò paura/e proverò a capire/in ogni caso”. A proposito di flauto non può mancare quello magico suonato dai King Crimson in I Talk To The Wind dei “Parlo al Vento/le mie parole vengono spazzate via/parlo al vento/ma il vento non ascolta/il vento non può ascoltare”. E ancora l’armonica iniziale di The River di Springsteen, i ritmi cupi di One Tree Hill degli U2, la ballata dolente di The Dancer di PJ Harvey, la catarsi finale di Grace di Jeff BuckleyAnd I feel them drown my name So easy to know and forget with this kiss I'm not afraid to go but it goes so slow”, il ritornello di Back of My Mind di John Hiatt, la batteria di Kenny Aronoff in Rain on The Scarecrow di Jonh Mellencamp. Un’ultima e preziosa rimembranza per This is the Sea dei Waterboys con la sua musica che è il Mare ed un testo che mi accompagna da tempo immemore e che della vita è una delle più belle metafore “Ascolta c’è un treno che arriva/è tuo se ti affretti/hai ancora tempo/e non c’è biglietto da pagare/non ci sono tasse da pagare/perché quello era il fiume/ma questo è il Mare". Ma se tutto questo non dovesse bastare a scuotermi non dimenticatevi della versione country di I Don’t feel Like Dancing…ha quel non so che …
Gianni Ragno

martedì 3 novembre 2009

Across the Universe
di Julie Taymor (2007)



Difficile definirlo musical e basta. Opzione più accreditabile: un viaggio. Viaggio alla ricerca del padre che trasforma la vita del giovane Jude (Jim Sturgess). Lo conduce attraverso le emozioni, l’amore libero, i colori, le vicende, la guerra, i movimenti di protesta, la musica , nella cultura sixties americana. Un viaggio anche questa volta alla ricerca di se stessi (almeno per Jude). Julie Taymor, esperta com’è di musical a Broadway si mette alla prova nella cinematografia e coniuga magistralmente le due arti. E poi vuoi mettere un intero film sulle cui immagini corrono i brani dei Beatles (il quale non è un film sui Beatles ma raccontato dai Beatles), eccellentemente riarrangiati da Elliott Goldenthal -marito della Taymor- e dagli interpreti del film? Psichedelia e tematiche pacifiste sono sempre state inoltre, una alleanza preziosa, e lo si riscontra, questo binomio, in moltissime altre pellicole (Hair - Tommy). Film che gira su livelli differenti, quasi fossero più quadri musicali ipersaturi di personalità individuali. L’uso poi di effetti come la saturazione dei colori, il chroma key e di ambientazioni tipiche dei musical, mettono ben a fuoco le storie nel loro progredire temporale, lasciando sempre un collegamento tra passato e presente. Eccellente la sequenza di Strawberry Fields con chiaro riferimento a Fragole e Sangue di Stuart Hagmann. Impreziosito anche da camei di personaggi come Bono e Joe Cocker e Salma Hayek oltre che per le citazioni di personaggi dell’epoca (Sadie Joplin - Jo Jo Hendrix). Anche a chi proprio non nutre simpatia per i Beatles fino in fondo, il consiglio di guardare questo film e lasciarsi trasportare in questo viaggio (musicale e non solo).
"É quello che fai che determina quello che sei!"
"No, zio Ted! È quello che sei che determina quello che fai, ho ragione Jude?"
"Mmm... diciamo che non è importante quello che fai, ma il modo in cui lo fai." »
Buona visione.
Giamp

venerdì 30 ottobre 2009

N.A.S.A.
"Whachadoin?" (feat. M.I.A., Spank Rock, Santogold, & Nick Zinner)
SWELL - Too many days without thinking
(beggars banquet , 1997)

Un rock avvolgente , con sonorità ipercompresse, eteree. Suoni come fuoriuscissero da una radiolina sgangherata, suoni imprigionati, sonorità che non lasciano vie di fuga. Simmetrie circolari disegnate dalla linea di basso e dalle ripetitività dei riff di chitarra acustica ed elettrica, rendono sì compatto e uniforme il disco, ma anche essenziale e poco espressivo, talvolta senza calore. Una via che anche altre band (che prima di loro avevano provato), hanno lentamente abbandonato. E pensiamo principalmente agli Smashing Pumpkins. Un disco che lentamente come una marea, come un’onda lentissima, ti avvolge non per colpirti rapidamente, ma piuttosto per saturare la tua scatola cranica e vederla implodere. Questo in sintesi il secondo difficile lavoro degli Swell di S.Francisco, cantori urbani,introversi e contorti delle ansie esistenziali della loro era, la cui musica ribolle di umori depressi e di debolezza. Uno standard di suoni, quello ottenuto in questo disco, che altre band non sarebbero riuscite a mantenere con così costante inquietudine, ma anche con dedizione. Le premesse nella costruzione del disco avrebbero portato altri a mollare il progetto. Continui cambiamenti di rotta. Produzioni non azzeccate. Registrato in ben 4 differenti studi di registrazione – LA, SF, Hollywood ed infine NY con il magistrale Kurt Ralske ( mr. Ultra Vivid ) Ma non finisce qui. Quando tutto sembrava fatto la casa discografica decide di non lanciarlo. E via di corsa verso un’altra etichetta ( Beggars Banquet ) Praticamente una impresa omerica,una Odissea vera e propria. Un lavoro che non ha premiato gli Swell. Un lavoro che nel millennio in cui è stato concepito non ha ricevuto la giusta ricompensa. La frenesia che ci accompagna nell’ipermodernità, non lascia spazi per riflettere così come il disco impone. Ma affrontiamo in profondità il disco. Too Many Days Without Thinking del 1997 e` un'opera valida ed eccentrica, adulta e commovente. Freel è uncantautore dal carattere di Mark Kozelek (Red House Painters) e Mark Eitzel (American Music Club). Il trio che l'accompagna e` degno erede della tradizione del folk-rock psichedelico di San Francisco, (Jefferson Airplane in primis), con in piu` una ricercatezza stilistica degna di un musicista classico. Ricco di spezie country e blues, danneggiato da sottili graffi elettrici, e venato di ritmiche imprevedibili, il sound si innalza in soluzioni armoniche e seducenti. Il tono medio del disco e` rappresentato da cantilene stralunate alla Syd Barrett, come Fuck Even Flow e The Trip con cambiamenti d'umore annessi. Throw The Wine si trascina per un po' in uno shuffle ondeggiante; When You Come Over conduce una melodia innamorata sul filo del rasoio tra scarno e bizzarro; What I Always Wanted e` una ballata dimessa, cantata sottovoce e suonata in maniera barocca, come avrebbero fatto i primi King Crimson. Sunshine Everyday chiude l'opera in maniera impressionista, giocando sui contrasti fra il canto in trance e la cadenza concitata della batteria. Degni eredi della tradizione folk-surreale, gli Swell hanno proiettato nella canzone d'autore un'insolita capacità scenografica. Peccato aver perso le loro tracce.
Buon ascolto
Giamp

mercoledì 28 ottobre 2009