lunedì 29 dicembre 2008

UN MONITO, UN AUGURIO.

"Ma quella che davvero i Governi di destra e di sinistra si palleggiano, è la deriva di una società antisociale, che scoppia di regole che nessuno osserva, che ha capovolto i comandamenti dell'etica e delle religioni rivelate, che premia il sopruso in quanto tale. Qui si misura il fallimento delle coalizioni che ad ogni tornata elettorale promettono più morale, maggiore concordia, migliore raziocinio e poi, una volta preso il potere, si arrendono in partenza, senza combattere. Si alternano i regimi, di destra, di sinistra ma non cambiano le stragi idiote dei sabato sera, l'Alzheimer giovanile da tubo catodico e da computer, la deriva di una scuola dove le ragazze, i disabili, gliomosessuali, gli immigrati sono aggrediti, seviziati, a volte uccisi, naturalmente su YouTube. Ragazzi afasici, rabbiosi anche perchè frustrati dal non saper esprimere un pensiero compiuto (il che equivale a non sapere pensare) liberano tutta la loro violenza per qualsiasi pretesto, e questi sono i cittadini di domani, che dovranno prendersi carico dei nostri giorni stentati, coperti dalle ali bianche e fragili della vecchiaia. In un Paese, in un continente, in un mondo sempre più sconcertato, mescolato e diviso. Di destra, di sinistra o di quello che volete, ma se qualcuno ha qualche soluzione per scongiurare l'implosione del pianeta, come una stella che lascia un urlo nel vuoto infinito, per favore si faccia avanti. I tempi stanno cambiando, ma sono quasi finiti".

Massimo Del Papa

(Mucchio Selvaggio n.653/2008)

blog di Massimo Del Papa: http://babysnakes.splinder.com/

U2 New Year's Day

martedì 23 dicembre 2008

HAUNTS - Haunts (2008)

L’attuale scena pop (soprattutto) di stampo inglese, sembra ormai aver trovato una sua connotazione ben precisa. In effetti, molta della musica che arriva dalla terra di Albione è fatta di una particolare miscela che mischia dosi massicce di anni ’80, tastiere ben in evidenza, tappeti di chitarre elettriche, e in più, la giusta dose indie.
Anche questo album d’esordio degli Haunts, non riesce ad andare oltre le linee guida del momento.
L’album risulta gradevole nella sua interezza, e questo, per essere il loro debutto, gli rende sicuramente onore, con canzoni che soddisferanno il palato di chi ama band come i Kaiser Chief, forse gli antesignani di questa nuova tendenza. La voce, molto profonda del cantante, ricorda un po’ quella del singer dei Madrugada, MA!(pausa) in particolare quella del duca bianco, al secolo David Bowie. Provate infatti ad ascoltare le canzoni contenute in Let’s Dance del 1983 (Modern Love su tutte). Poi chiudete gli occhi ed ascoltate una delle canzoni presenti nell’album degli Haunts, ad esempio Love Is Blind o Black Eyed Girl, e i dubbi svaniranno. Per essere all’esordio si guadagnano la mia stima e la piena sufficienza, con la speranza di assistere ad una loro evoluzione futura che rompa questi schemi, che (per i miei gusti) stanno un po’ appiattendo la scena indie inglese del momento.

Gianni Ragno

Non essendoci video a disposizione su you tube vi rimando al sito di myspace ovvero: www.myspace.com/haunts

Ma, del Bowie, vi lascio la Modern Love in questione.


venerdì 19 dicembre 2008

PEARL JAM (2006)


Severed Hand. Non so perché ma quel motivo mi è rimasto in testa e mi segue in questi giorni di festa. Eppure di brani dei PJ ne ho ascoltati, visti per due volte in concerto; tuttavia c’è qualcosa che non mi convince in questo ultimo lavoro (targato 2006). Eh si, che avrei potuto parlarvi di altri lavori più abbordabili, ma il rischio è il mio mestiere ed è per questo che sono qui seduto di fronte ad un monitor a raccontarvi le emozioni del momento.
Pearl Jam, l ‘omonimo lavoro, ha creato non pochi problemi alla critica musicale ufficiale. Recensirlo come un disco di ritorno al rock, farlo combaciare come maturità artistica, boh?
E’ il caso anche prima di cominciare che io metta le mani davanti: sono un fan incallito dei PJ; ho divorato TEN , masticato Vitalogy, adorato Yeld e soprasseduto su Riot Act. Insomma, ci siete arrivati già da soli, sono forse l'ultima persona che possa recensire in maniera imparziale un gruppo simile.
Il disco più fedele dell’era primordiale PJ. Ci riporta addirittura a Versus o a Binaural con le sue sonorità ed i suoi riff. Basta guardare anche il look dai lunghi capelli di Eddie Vedder e le schitarrate di Mc Cready, possenti ed imperiose.
Eppure qualcosa sembra mancare. Le prime quattro tracce sembrano molto simili, forse Cameron non ha ancora smesso, quando suona, di pensare ai Soundgarden, e questo potrebbe alla lunga essere un limite per i PJ. Magari la formula adottata nel passato di utilizzare più “drummers” in un solo disco potrebbe dare nuova linfa ai prossimi progetti. Anche il ripetersi di sfumature rubate al passato di altri artisti denota questo qualcosa che manca. Riferimenti Hendrixiani, chitarre rubate ai Cure, manciate di REM e sfumature Springsteen dipendenti. Insomma un lavoro dove la rabbia e il disaccordo con la politica Americana ma soprattutto con la società a cui non si sentono più legati, emerge dalle corde vocali di Vedder, come dalle chitarre di Mc Cready.
Forse davvero Severed Hand mi è rimasto in testa per puro caso, forse davvero il figlio del mio Caro amico Gianni è stato capace di regalarmi nuove emozioni e spunti di riflessione.
Auguri e buon ascolto!!!
Giamp

Pearl Jam - Severed Hand (Live at Immagine in Cornice)

giovedì 18 dicembre 2008

Ci si lamenta dell'eccessiva esterofilizzazione del nostro paese. Il fatto e' che se io ho la figlia dell'inquilino di sopra che frequenta la scuola media, dove si ostinano ad insegnare ancora il flauto, che la gentilissima signorina prova tutto il giorno a suonare, mentre negli Stati Uniti si esce da scuola in grado di saper suonare la chitarra, questo me le fa girare alquanto. Non solo. Un giorno si presentano i Weezer a scuola e dicono "ehi guys che ne dite se tutti insieme suoniamo Creep dei Radiohead !?!?!"
Pensate invece che qualche giorno fa una scuola italiana ha avuto la fortuna (vincendo un concorso!!!) di avere un'esibizione del vincitore della passata edizione di "amici".


lunedì 15 dicembre 2008

A NATALE OGNI STORIA VALE


Si chiamavano Jimi, Bonzo e Flea. Venivano da molto lontano e avevano una missione da compiere: incontrare il RE. Per rendergli i dovuti onori al momento dell’incontro, decisero di portare con loro dei doni preziosi da consegnargli. E così Bonzo portò dell’ottima birra, Flea delle antiche cartine per orientarsi nel deserto e Jimi l’incenso…quello buono. All’embargo dell’aeroporto arabo di Damò-Eke-Arrivaddà, furono severamente ammoniti dalla locale polizia affinché nessuno di loro nascondesse tra i doni un’arma pericolosa, così come la tradizione voleva. Atterrati all’aeroporto di Lasvegas?Sticas! in pieno deserto del Nevada, vennero anche qui ammoniti per via del loro carico sospetto, ma per ragioni ovviamente opposte. All’uscita della stazione aeroportuale, una scassatissima automobile modello Starsky e Hutch li accolse per intraprendere il viaggio. All’una e mezza circa, nel mezzo del loro cammino, in pieno solleone e in maniera del tutto arbitraria, l’auto decise che era giunto il momento degli addii e si accasciò al suolo esanime. Disperati ma ricolmi di fede, i nostri eroi scaricarono il necessario dall’auto e proseguirono il cammino a piedi, sicuri che ben presto un segnale li avrebbe illuminati e condotti sulla retta via. Ma il caldo si fece sempre più opprimente, e, terminate le riserve di acqua, capirono che era arrivato il momento di scartare i regali. Così tutte le birre a disposizione si concessero alla loro sete senza risparmiarsi, placandogli piano piano la forte arsura che li stava prosciugando. Il giorno seguente, alla stessa ora, il problema si ripresentò, e dopo aver preso atto che gli unici segnali pervenuti erano stati solo visioni di oasi e cascate d’acqua in ogni dove, furono costretti a sacrificare gli altri due regali per combattere i miraggi: fu così che le antiche cartine di Flea, ormai consumate dal sole, accolsero l’incenso di Jimi, che andò completamente in fumo… Questa pratica si protrasse fino al calare del buio, poi si addormentarono. Ma durante la notte furono svegliati da un rumore in lontananza, che poco alla volta si fece sempre più forte, sempre più vicino. Si destarono dal loro sonno e ben presto quei rumori presero la forma di una folla oceanica che andava nella loro stessa direzione. Ma non era gente comune, no. Erano criminali della specie peggiore: tangentisti, estorsori, mafiosi, camorristi, piduisti, tronisti, assenteisti, perbenisti, pretipedofili, spacciatori, usurai, protagonisti e spettatori dei reality show.
Approfittando della confusione, i Tre si accodarono al gregge, certi di essere accomunati dalla medesima destinazione. Camminarono per altri due giorni. La notte del terzo giorno finirono in una valle enorme, in mezzo alla quale si erigeva il palco più grande che avevano mai visto. All’improvviso il silenzio della notte li avvolse. I tre amici capirono di essere arrivati e, così, illuminati d’immenso, raggiunsero il palco e vi salirono sopra. Le luci si accesero, incendiando il palco e l’intera valle. Jimi imbracciò la sua Fender Stratocaster, Bonzo corse dritto a sedersi sullo sgabello per suonare la batteria e Flea strinse a se il basso e iniziò a pizzicare le corde per il soundcheck. I tre rimasero da soli per poco. Infatti, dopo aver accordato per bene gli strumenti, furono raggiunti sul palco da un quarto membro. Era lui… il RE. L’unico, originale, con numerosi tentativi di imitazione. Elvis, sceso sulla terra per redimere i peccatori accorsi in massa. Ricolmo di lustrini come non mai e con il ciuffo ben saldo sulla testa, afferrò il microfono, e facendo roteare il bacino nella sua più classica mossa, diede il la … e il sol …a quello che fu il più grande concerto che l’uomo ricordi. La musica purificò gli astanti dei loro peccati per tutta la durata dello spettacolo.
Giunti ormai all’alba del giorno dopo, qualcosa di ancora più incredibile accadde: un Uomo, vestito con una lunga tunica bianca, capelli lunghi e barba incolta, seguito da un manipolo di discepoli, arrivò nella valle dove il concerto volgeva al termine. Elvis si accorse del giungere del nuovo arrivato e fece cenno alla band di fermare la musica. Il silenzio si impossessò della valle. L’Uomo, che aveva saputo di questo mega raduno, non riusciva a comprendere il motivo di tanto clamore, dato che fino al giorno prima era stato Lui il più bravo a radunare le folle oceaniche grazie al suo show di illusionismo e magia (moltiplicazione del cibo e altra roba del genere), Così andò deciso verso il palco. Vi salì sopra, e arrivato davanti al RE, lo guardò prima negli occhi, poi si chinò tenendogli la mano e disse… “Papi… sei qui!”. Elvis lo tirò su e lo abbracciò calorosamente. Poi, entrambi, si girarono verso il pubblico e mentre il gruppo intonava le prime note dell’ultima canzone, il RE disse alle genti:
OGGI E’ UN GRANDE GIORNO! SIETE STATI RIBATTEZZATI E AVETE FINALMENTE RICEVUTO IL DONO DELLA CONOSCENZA! ANDATE …. E DIVULGATE IL VERBO PER TUTTO IL MONDO…. IL VERBO DEL ROOOCK … AND …. ROOOOLLLL !!!
People Have The Power cominciò, e da quel giorno in poi il mondo fu un posto migliore dove vivere.

BUON NATALE A TUTTI.


venerdì 12 dicembre 2008

GLI ITALIANI LO FANNO MEGLIO

Moltheni - Natura in Replay (1998)


Per essere originale lo è stato abbastanza da non entusiasmare più di tanto la critica al Festival di San Remo nel 2000 con il brano Nutriente ( sigh !!!). E’ da qui che vorrei partire per provare a descrivere il personaggio Moltheni , alias Umberto Giardini nato a S.Elpidio e cresciuto artisticamente in quel di Bologna, noto per la sua strana somiglianza vocale con Carmen Consoli (oltre che con Beck secondo la rivista Il Mucchio Selvaggio) con cui condivide oltre che il modo di cantare singolare ( tanto da definirlo un clone maschile della “cantantessa” ) anche la produzione musicale di F. Virlinzi, fautore di quella etichetta musicale che fu la Cyclope Records.
Di Virlinzi si sa, la prematura scomparsa fece si che la stessa etichetta finì di esistere.
Moltheni, invece, tenne banco, forte della sua esperienza con gli Hameldome ad Arezzo Wave e degli anni in giro per la Scozia a farsi la scorza, dimenandosi in un periodo dove Scisma, Afterhour e Verdena pure si affacciavano sul palcoscenico italiano.
Pubblica appunto il primo lavoro nel 1998, “Natura in Replay“, lavoro in cui la semplicità non sottrae nulla alla originalità e nulla aggiunge al dilettantismo.
Semmai le sue liriche, nude e di linguaggio esplicito, tanto da destare sbigottimento, delineano la sua posizione di fronte all’universo femminile (mai tormentato o complicato) e di fronte alla possibilità di competere con il bene ed il male.
Gli accostamenti non mancano, N. Drake, J. Buckley, o ancora Smiths e Nirvana.
Il suo modo di suonare la chitarra è tale da rendere la stessa strumento protagonista nella sua semplicità e limpidezza; il suo stile ruota attorno alla possibilità di sviluppare armonie ipnotiche non omologabili e con densità unplugged, affiancate da suggestivi “piano Wurlitzer”.
Difficile segnalare questo o quel brano da questo disco, il tutto gira nel lettore come un continuo flusso seducente, con testi pieni di cinismo ed autoironia, capaci di portarti all’essenza delle cose.
Non è facile comprendere certe sfumature, ragione per cui la critica non lo apprezza troppo, definendolo intimista e pessimista (ma non si disse lo stesso di Tenco ?)
Successivamente alla pubblicazione dell’album d’esordio cerca di dare una sterzata al suo modo di proporre la sua musica, dedicandosi anche a stili di musica diversi come un sano stoner–rock italiano, ma non troppo, finendo per ritornare alle origini.
Un bel biglietto da visita in tempo di caccia grossa al consenso ( X Factor docet ). Personalmente non me lo perdo di vista: prendere o lasciare!!!
Giamp


... CHE TRADOTTO IN MUSICA ...

martedì 9 dicembre 2008

FLEET FOXES - White Winter Hymnal

Benchè ampiamente osannati dalla critica, trovo il loro disco piuttosto monotono. Ma la canzone in questione è davvero un gioiellino, nonchè molto natalizia nelle atmosfere.

giovedì 4 dicembre 2008

MEGAPUSS - SURFIN'



Quanto più è inclassificabile la musica che si ascolta, tanto più diventa impresa ardua recensirla e scriverci qualcosa di compiuto. E in questo i Megapuss (ci sarebbe tanto da dire e da insinuare sul loro nome, no?!?!), vanno dritti allo scopo. Però ne vale davvero la pena. Sembra un supergruppo fatto dai Beach Boys e dai Beatles, ma in realtà sono in due e sono Devendra Banhart & Greg Rogove. Il primo senz’altro più noto e molto apprezzato per la sua carriera da solista (per chi volesse approfondire segnalo Nino Rojo, Rejocing The Hand), il secondo facente parte di un gruppo chiamato Priestbird, cha hanno all’attivo un solo album “In Your Time” molto ben congegnato di rock psichedelico che ricorda molto gli ultimi TK Webb & The Vision. (mentre è in corso l’ultimazione del secondo album che sarà prodotto da Stone Gossard dei Pearl Jam). Così è accaduto che dall’incontro tra i due ne ha nata una collaborazione davvero singolare visto il risultato del debutto Surfin’. Indubbiamente prevale la scrittura di Banheart in molte delle canzoni. Ma gli intrecci e le bizzarre misture pop folk create sono tante e difficilmente catalogabili (meno male!). Tante belle canzoni da segnalare a cominciare dall’inizio sognante di Crop Circle Jerk '94 con chitarra slow, e poi via via le altre con To The Love Within, Adam & Steve (di cui il video in basso con inserto chitarristico di Carless Whisper di George Michael, ebbene sì), una grandiosa Surfin’ e una lunga e suadente Sayulita. Un disco stralunato, strampalato e sognante: lasciatevi ammaliare prima dell’ingorgo dei jingle natalizi.
Gianni Ragno

Links:

http://www.megapuss.net/

www.myspace.com/megapuss


hAVE fUN with "Adam & Steve"


lunedì 1 dicembre 2008

Il prossimo cantante dei Pearl Jam.

"Hai creato un mostro!" ha esclamato mia moglie.
"Io ho acceso solo lo stereo!" le ho risposto candidamente, mentre dal sedere mi spuntava la coda.

Ad un certo punto del video, alle spalle del cantante, un tentativo di sabotaggio...

mercoledì 26 novembre 2008

GLI ITALIANI LO FANNO MEGLIO/Cristina Donà

Era il 1997, quando, appena trasferitomi in Trentino ebbi la fortuna di poter vedere MTV senza parabole o artifizi vari.
Ricordo una sera, mentre guardavo una trasmissione condotta da Enrico Silvestrin che prevedeva esibizioni live, artisti italiani compresi. Era la volta degli Afterhours di Hai Paura Del Buio?, che per quella occasione stavano dividendo il palco con una tale di nome Cristina Donà di cui non avevo mai sentito prima di allora.
L’esibizione suscitò in me così tanta curiosità (che sarebbe la vita senza di essa !!!), al punto che decisi di voler approfondire la conoscenza della Donà. Così mi procurai il suo primo lavoro, Tregua, del 1997. Il disco prodotto da Manuel Agnelli (ecco spiegato il palco condiviso con Afterhours) e uscito per la casa discografica Mescal, rappresenta il binomio perfetto tra lucidità musicale e portata vocale. Mentre nel 1999 dopo aver ascoltato il brano Mangialuomo, incluso nella compilation abbinata alla rivista Il Mucchio Selvaggio, mi ritrovai ad ascoltare l’intero album, Nido del 1999.
Capii che era artista da non sottovalutare specie ed in ragione del fatto che in quegli anni bisognava sgomitare tra le emergenti del settore (Nada (?), Consoli, Di Marco, Lalli ), accodate alle varie corti di produttori /collaboratori acuti come Agnelli ma anche come E. Wood, J. Parish, M. Zamboni, H. Gelb, R. Wyatt. Quest’ultimo collaboratore alla scrittura di Goccia del secondo album della nostra artista.
Fortuna volle che poi, ad appena 4 anni dal mio approccio musicale con la Donà, e a soli 6 Km. di distanza, la vidi in concerto. Il teatro era molto intimo, con un audio perfetto che esaltava le capacità vocali della Donà, mentre la distanza dal palco era ideale per salutarla con stretta di mano e con un amichevole ciao. Quel concerto incantò anche mia figlia che già all’epoca sgambettava sulle note di alcune sue canzoni e fu anche l'occasione per acquistare all’uscita del concerto il disco appena sfornato (Dove Sei tu – 2003- Mescal).
La sua voce, capace di acuti improvvisi e durezza d’espressione, non eclissa la sua passione per le donne rock d’oltremanica (P.J. Harvey ad esempio), ma neppure tralascia espressività vocali degne della miglior tradizione folksinger (come Suzanne Vega ). Sofisticata, lieve e fragile nel contempo.
I suoi testi sono capaci di dipingere paesaggi stralunati, sottili e sognanti ma anche solari, sperimentali e talvolta spietati. Le atmosfere che dominano entrambi gli album, li rendono altresì difficili da qualificare: sospese come sono tra jazz e rock, canzone d’autore e un tocco di antico che rende magico l’ascolto.
A distanza di anni (circa 10), Cristina Donà ha acquisito maturità e pur variando i suoi lavori successivi non si è lasciata incantare da facili tentazioni commerciali (come ad esempio ha fatto Carmen Consoli che pure era partita bene).
Mi piacerebbe vederla guadagnare una fetta di pubblico maggiore ad apporre un sigillo sulla sua bravura. Ma in Italia basta guardare le classifiche e le rotazioni sui canali musicali per capire quanto limitato sia il mercato, mentre anche all'estero si sono accorti Lei. Riviste musicali autorevoli hanno elogiato l'artista Donà. La rivista Mojo, ad esempio, la definisce così “la Donà col suo modo di concepire le canzoni, riesce all’interno di una singola canzone ad essere triste, furba e divertente. Con lei possiamo dimenticare gli stereotipi del pop italiano con l'imbarazzante melassa operistica. [...]. È anche una signora capace di scrivere canzoni intrise di gentile malinconia e memorabili arie [...].” (John Bungey, recensione sulla rivista musicale Mojo, ottobre 2004)
Ancora elogi giungono niente (popo) di meno che dal Rolling Stone “Fantastico. Con tanta confidenza eppure tanto vulnerabile, l'album è ricco di suoni che riconosco: il sognante romanticismo di Kate Bush, gli incantesimi della sacerdotessa dell'arte Patti Smith, la capacità di melodie ariose di Joni Mitchell, la potente risacca dei Black Sabbath (o forse dei Nirvana) – eppure è anche originale, l'opera di un'artista che sta trovando la propria voce. Tanti i momenti memorabili offerti dagli arrangiamenti, alcuni divertenti e altri che ti arrivano al cuore. Devo dire sinceramente che mi capita di rado, quando ascolto un artista italiano, di chiedermi perché non sia ancora una star negli Stati Uniti (siamo un popolo di provinciali a noi piacciono in inglese, le canzoni) ma con Cristina Donà, me lo chiedo.” (Recensione dell'album Tregua di Joe Levy, Rolling Stone, marzo 2008)
I suoi lavori successivi sono densi di emotività e di ingredienti a lei cari. La voce sempre ci delizia senza diventare stucchevole.
Se dovessi incontrarla di nuovo mi fermerò ancora ad ascoltarla e a stringerle la mano dicendole ciao.
Giamp
Tracklist:
Tregua

1. Ho sempre me
2. L’aridità dell’aria
3. Stelle buone
4. Labirinto
5. Raso e chiome bionde
6. Le solite cose
7. Piccola faccia
8. Senza disturbare
9. Ogni sera
10. Risalendo
11. Tregua

Nido

1. Nido
2.Goccia
3.Qualcosa che lasci il segno
4.Così cara
5.l’Ultima giornata di sole
6. Volo in deltaplano
7.Brazil
8.Mi dispiace
9.Deliziosa abbondanza
10.Volevo essere altrove
11.Cibo estremo
12.Terapie
13. Mangialuomo




... CHE TRADOTTO IN MUSICA ...

venerdì 14 novembre 2008

THE GOOD, THE BAD & THE QUEEN
Omonimo 2007
Damon Albarn (deus ex machina nei Blur) -presente, Paul Simonon (potremmo mettere in palio qualcosa se non indovinate chi è costui)-presente, Tony Allen (collaboratore storico di Fela Kuti)-presente e Simon Tong (ex Verve e parte dei Blur dopo la defezione di Coxon),-presente.
Si potrebbe cominciare così nel presentare il lavoro/progetto che il genio Londinese Albarn ha concepito. Un supergruppo su cui grava grande responsabilità. Come si deduce dai componenti. Devo dire che nel recensire questo disco sono cosciente che non è lavoro facile da raccontare. Voi direte "come mai"? Beh i precedenti progetti (Blur-Gorillaz) del personaggio chiave di cui parliamo sono stati più immediati e commercialmente abbordabili, mentre questo lavoro non rende onore al merito.
Di certo non un un lavoro che piacerà al primo ascolto, ma di sicuro un qualitativamente elevato per le prestazioni che i membri hanno garantito. Da non dimenticare la produzione dell’ineccepibile Brian Ranger Mouse Burton già produttore di quel progetto conosciuto come Gorillaz, nonché amico di Albarn.
Albarn appunto, si sa, o lo si ama o lo si odia, ma non si può mentire sul fatto che possiede le doti geniali di coltivatore e catalizzatore di stili diversificati.
D’altronde la zona di Londra da cui proviene (west london, per intenderci la zona di Portobello’s Market) è di per se punto di incontro di stili e culture diverse, Afro-reggae, punk- rock cosa sono se non il risultato di questi elementi?!!?
Di questo lavoro, che probabilmente rimarrà unico, potremmo mettere in discussione la non azzeccatissima scelta del singolo Herculean, più spazio alla fama avrebbe concesso la scelta di 80’s Life o Northern Whale (troppo Gorillaz?), o ancora di Soldier’s Tale. Il brano di apertura History Song con il suo giro di basso ci dice che Simonon, seppur dedito alla pittura, non ha dimenticato come toccare le corde di un basso (medita Ant !!!). Nature Spring e Three Changes ci ricordano che il vecchio batterista di Fela Kuti ruggisce ancora e la presenza dell’ex Verve ci viene suggellata dalla chitarra di Kingdom of Doom. Piacevole in conclusione l’ascolto della title track The Good the Bad and the Queen; sale pian piano per poi aprirsi in luce violenta a ricordarci che Londra a volte non è solo nebbia.
Lavoro comunque di raffinata ricerca, adulto e maturo. Ci presenta uno spaccato della London odierna con uno sguardo al pop britannico.
All’appello di fine giornata il Buono - presente, il Cattivo- presente ed immancabile la presenza british della Regina a ridimensionare la voglia di rivoluzione brit- pop !!!
Track list

1- history song
2- 80’s life
3- northern whale
4- kingdom of doom
5- herculean
6- behind the sun
7- the bunting song
8- nature spring
9- soldier ‘s tale
10- three changes
11- green fields
12- thegood the bad & the queen

Giamp


THE GOOD THE BAD & THE QUEEN - HERCULEAN

giovedì 13 novembre 2008

GLI ITALIANI LO FANNO MEGLIO/Antefatto
Beh, visto che i blog musicali pullulano soprattutto di musica indie straniera, vi proporrò con cadenza quandomenotelaspetti, la recensione di una decina di cd italiani realizzati tra il 90 e il 99 e direttamente provenienti dalla mia cd-teca personale. Gli anni scelti non sono un caso. A mio modesto avviso sono stati gli ultimi importantissimi anni che hanno visto uscire opere indie di notevole spessore: probabilmente perchè le case discografiche del tempo (su tutti la Mescal ma anche i grossi calibri coma la CGD), si impegnavano parecchio per realizzare un cd che potesse anche avere dei ritorni economici. E questo, forse, giovava anche a chi era chiamato a dare vita a nuove creature musicali, probabilmente più stimolati con la conspevolezzai di chi sa di avere alle spalle qualcuno che credeva nei loro progetti. In effetti adesso, con l’avvento della musica digitale e del download gratuito, la quantità di musica prodotta e immessa sul mercato ha notevolmente scavalcato la qualità della musica proposta, tutta pubblicata da un'unica grande etichetta, ovvero Myspace, ovvero zero costi di produzione e tante speranze di farsi notare.
I cd chiamati a testimoniare quegli anni appartengono ad
AFTERHOURS, ESTRA, USTMAMO’, GANG, CRISTINA DONA’, GINEVRA DI MARCO, TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI e poi si vedrà, lasciando aperta la porta a chi vorrà generosamente contribuire. Non ci sono i grandi nomi conosciuti ai più (uno su tutti De Andrè e le sue “Nuvole”), per dare spazio a chi, in quegli anni, avrebbe meritato un posto al sole (e nelle classifiche di vendita), ma che il gran culo di altri presunti “artisti” italiani ha malamente oscurato con un’eclissi che dura ormai da anni. Vi lascio con una playlist di antipasto di altri meritevoli italiani sugli scudi, in attesa di pubblicare la prima recensione.
Buon ascolto.
Gianni Ragno

mercoledì 5 novembre 2008

LA NUOVA FRONTIERA DEL SOUL
Non so perchè ma la pioggia mi fa venir voglia di ascoltare musica soul. Boh! Chissà quale strana alchimia si realizza nel cervello... E così riflettevo su questa ondata soul che sta prendendo piede (e anima of course) nei circuiti non solo indipendenti, anzi. Indubbiamente le donne stanno facendo la parte delle leonesse marchiando questi ultimi anni, vedi Norah Jones, Joss Stone, Alicia Keys, Amy Winehouse, e non ultime Adele e Duffy che hanno esordito in questo 2008 rispettivamente con i godibilissimi “19” e con “Rockferry”. Personalmente trovo Adele e la Winehouse una spanna sopra le altre che, comunque, si difendono egregiamente. Ho tenuto volutamente per ultimo il reparto maschile per segnalare (nuovamente) Eli “paperboy” Reed con "Roll With You", davvero un classico che sembra venir fuori dal passato più glorioso del soul e del R&B. Una menzione anche per John Legend che dopo l’ottimo "Once Again" del 2006 ha fatto uscire da poco "Evolver". Infine il nuovo arrivato Bryn Christopher. Anche lui una piacevole sorpresa nel panorama soul attuale. Per lui l’album d’esordio si chiama My World. All’interno brani molto orecchiabili e una voce da vecchio soulsinger che lascia il segno. Consigliato. In allegato a queste poche righe, il singolo d’esordio The Quest nella duplice versione in studio accompagnato dalle scene dell'ultimo episodio della 4^ serie di Grey's Anatomy…



e per chi volesse strafare e lo ha già eletto a star del momento, la stessa canzone in versione acustica.



Let your soul be a pilot. See You. Bye.

martedì 4 novembre 2008

BODY COUNT - KKK BITCH
Tutto il mondo è paese, questa è la verità. Ho visto ieri in tv la campagna pubblicitaria di un’artista di strada rumeno che ci invita a conoscere il suo popolo per conoscere meglio il suo Paese. Vogliono propagandare l’amore universale ad ogni costo e fanno davvero ridere, perché al solito si ricordano di questi valori solo quando ammazzano qualcuno, mentre nel quotidiano a volte faremmo fuori anche il nostro vicino di casa.
E questo mi ha fatto venire alla mente il grande Ice-T con i suoi Body Count che nel 1992 fecero uscire l’omonimo album d’esordio, nel cui grembo si annidava, tra le altre, la canzone Cop killer, che a causa dei contenuti “omicidi” del testo la casa discografica fu obbligata a togliere dal disco. Quello che invece riporto sul blog è il testo della canzone KKK Bitch (ritornello da cantare a squarcia gola mi raccomando), a mio avviso una delle storie più divertenti che abbia mai ascoltato sul sesso e sul razzismo e della fottuta paura che abbiamo del diverso. Come premessa a questa canzone Ice-T ci ricorda che:
"The real problem is the fear of the white girl falling in love with the black man".
Buon ascolto e buona visione.

KKK BitchAw yeah, what's up out there? BC's in the house. Rightabout now, I wanna tell you a little love story, you knowwhat I'm sayin', this is a Body Count love story check outthe lyrics, you know, I'm a tell you 'bout what happenedwhen we went down South last year on tour.

Out on tour yo, I been all around the worldwent to Georgia, met this fine-assed white girl,blonde hair, blue eyes, big tits and thighs,the kinda girl that would knock out most guys.She got wild in the backstage bathroom,sucked my dick like a motherfucking' vacuum,said "I love you, but my daddy don't play,he's the fuckin' grand wizard of the KKK.

"I I I love my KKK bitch, love it when she sucks me though,I I I love my KKK bitch, love it when she fucks me though,I I I love my KKK bitch, she loves it when I treat her bad,I I I love my KKK bitch, mother fuck her dear old dad.

You know what I'm sayin'. So we was down South fallin' inlove, you know, D-Roc had this Nazi girl, my manMooseman had a skinhead, I fell in love with Tipper Gore'stwo twelve year old nieces. It was wild, you know what I'msayin', it got even worse, you know.

So one night they took us to a meetin'white sheets, white hoods, no room for seatin'there was Skinheads, Nazi's and crazies,talkin' 'bout black people pushin' up daisies.They hated Blacks, Jews, Puerto Ricans,Mexicans, Chinese, even the Indians.We had our hoods on,we were slickshe pushed her butt up hard against my dick.Then her daddy jumped on the stagetalkin' 'bout killin' in a goddamn rage.I got mad, my dick got hardentered in her assshe said, "Oh my God!"

I I I love my KKK bitch, love it when she fucks me though,I I I love my KKK bitch, love it when she sucks me though,I I I love my KKK bitch, she loves it when I treat her bad,I I I love my KKK bitch, mother fuck her dear old dad.

So what we really tryin' to say is Body Count loveseverybody. We love Mexican girls, Black girls, Oriental girls,it really don't matter. If you from Mars, and you got a pussy,we will fuck you. You know, that's all we're sayin', word.

So every year when Body Count comes aroundwe throw an orgy in every little Southern town.KKK's, Skinheads, and Nazigirls break their necksto get to the party.It ain't like their men can't nut,their dick's too littleand they just can't fuck.So we get buck wild with the white freakswe show them how to really work the white sheets.I know her daddy'll really be after me,when his grandson's named little Ice-T.

I I I love my KKK bitch, love it when she fucks me though,I I I love my KKK bitch, love it when she sucks me though,I I I love my KKK bitch, she loves it when I treat her bad,I I I love my KKK bitch, mother fuck her dear old dad.

...peace

mercoledì 29 ottobre 2008

HALLOWEEN PARADE

Ho preso solo in prestito il titolo a Lou Reed, giuro di restituirglielo. Da noi in Italia pare che sia un festa che sta prendendo piede. Allora ho pensato di omaggiare l'annuale festa della zucca, con una canzone degli Iron Maiden a tema.
A questo indirizzo potrete trovare altre canzoni sul tema di Halloween. Buona notte della streghe.

http://www.lawrence.com/blogs/scenestealers/2008/oct/28/top10creepyrock/


martedì 28 ottobre 2008

A I U T O !!!!!
Vi prometto che ce la metterò tutta...ma signori miei che fate musica indie, avete riempito questo spazio e i miei maroni, indegnamente! Siete veramente INASCOLTABILI!!! Vivaddio c'è
Indies Infestazioni Soniche



che riesce a trovare qualcosa di meglio e che vi consiglio caldamente. Sarà un caso ma appena ho cominciato a suonare sta cassettina, le canzoni della playlist a destra(ma a questo punto le potrei chiamare benissimo opere d'arte musicale), hanno cominciato a dissolversi....
Speriamo bene.
LA SCORPACCIATA INDIE DEL MESE

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lunedì 27 ottobre 2008

Buone nuove

Aggiornato il blog con la recensione del nuovo lavoro di Ivano Fossati a cura del grande Giamp. Inserito anche un video a fine recensione degli Screaming Trees e una nuova playlist.
IVANO FOSSATI - Musica Moderna


Dove sono i Delirium, dov’è finito quell’uomo che cantava di ribellione e di protesta ? Cosa ne rimane di quegli anni?

Rimane un uomo con un sentimeno nuovo ( es un sentimento nuevo direbbe Battiato ), non nuovo nella accezione pura del termine, ma nuovo nel senso che lui da sempre passava per uno che di malinconia ne aggiungeva anche troppa nei suoi testi e nelle sue musiche. Sempre di amore si trattava, ma le sue storie finivano sempre male.

Ora rinnovato nell’amore ci delizia di testi e melodie fresche e pregnanti di giovinezza ( eh si che lui tanto più giovane non è !!!) con aperture a sentimenti che continuano. Le sue storie terminano in maniera positiva.

C’è spazio anche per brani colmi di argomenti quotidiani e di urgenze sociali. Televisione e apparenza, poca propensione alla lettura ed alla letteratura, tempo sottratto alla memoria (storica) e molto tempo dedicato ai Reality, ambiente ed ecosistema.

Così ve lo presento nel suo ultimo lavoro “ Musica Moderna”. Un disco non molto diverso dai suoi ultimi lavori, ma distante da Disincanto così come lo è (per fortuna dei tempi) da La mia Banda suona il rock.

Argomento principale e filo conduttore appunto l’Amore come luogo di fuga per curare i mali del mondo. Le melodie sono sempre molto intime e cantautoriali, ma meno ricercate e più naturali, c’è spazio per chitarre distorte in un paio di brani che dicono chiaramente la rabbia del cantautore su argomenti a lui a cuore, seppure la sua passione rimane il pianoforte.

Melodie che ci portano come sempre in Francia ed in Sudamerica o comunque Panama e dintorni, senza mai disdegnare un rock molto italiano e non. La traccia 6 prevede addirittura un omaggio iniziale ai Pink Floyd (2nda traccia Dark side of the Moon ), ascoltare per credere. La 7ma a confermare , ancora chitarre pinkfloydiane.

Resta preponderante la capacità di Fossati di portare per mano l’ascoltatore all’interno dei suoi racconti prendendolo per mano all’interno di musiche che scaldano il cuore

La band è parzialmente rinnovata, la produzione resta affidata a P. Cantarello, i testi e le musiche tutte sue come ovvio.

L’album contiene L’amore trasparente già utilizzata nei titoli di coda in Caos Calmo.

Giamp

venerdì 24 ottobre 2008

SCREAMING TREES - Sweet Oblivion




Il caro amico Giamp ci ha gentilmente resi partecipi di questa sua bellissima recensione.


Arrivare a conoscere gli Alberi Urlanti passando attraverso dei lavori singoli del loro leader, Mark Lanegan ( Scraps At Midnight del’98 e Fields Songs del 2001 ), è un percorso che vi sembrerà strano. Strano, se non altro, per le differenti sensazioni che i due percorsi ci regalano. Andare a ritroso a volte stordisce il passeggero ma a me che ci volete fare, è andata così; scoprire poi per scherzo che parallelamente al Grunge, potesse esistere un gruppo capace di scariche elettriche di tale portata ma che non ha goduto di fama e notorietà tanto quanto altre band, un po’ mi ha lasciato smarrito. Le collaborazioni stesse, del leader, appunto, di quell’epoca ( Queens Of The Stone Age in primis, ma anche Dinosaur Jr. ), non farebbero altro che aggiungere altre frecce all’arco degli Screaming Trees. Se poi pensiamo alla produzione ( C.Cornell dei Soundgarden), ancor di più ci si chiede come mai siano stati così poco apprezzati. Anche i testi straripanti di disagio avrebbero dovuto dare una mano. La stessa fama di ribelle di Lanegan se paragonata al Cobain di quei tempi avrebbe dovuto giocare ruolo determinante. Tutti elementi predittivi consistenti, ma chissà perchè e chissà per come sono rimasti sotto l’ombra del grande fenomeno Grunge.
Il lavoro di cui vi parlo non è tra l’altro considerato il migliore della band. Molto meglio i due precedenti per produzione e valore intrinseco – Buzz Factory e Uncle Anesthesia - che io non ho mai ascoltato ma che per dovere di cronaca vi cito .
Negli anni di dominio della scena di Seattle di super gruppi come Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden ( per inciso i miei prediletti rispetto agli Screamin Trees ), emergere era impresa faticosa, malgrado quella voce dotata di pathos, impastata di alcool e polvere un po’ Waitsiana un po’ Morrisiana nel declamare ed un po’ ribelle per natura.
Album comunque dotato di grande asprezza e ruvidità (Shadow Of The Season), per passare poi
attraverso sonorità che vanno dalle ballate rock energiche (Dollar Bill) a blues prepotenti (More or Less), piuttosto che melodie scalpitanti, amare e tormentate dei brani successivi.
La cavalcata termina con Julie Paradise che altro non è che il degno epilogo di questo “dolce oblio”.
Lavoro meno aggressivo e psichedelico dei precedenti come vi ho accennato, con marcata propensione al commerciale (grazie al singolo Nearly Lost You incluso nella colonna sonora del film L’amore è un gioco ), ma comunque essenziale nel definire il ruolo degli S.T. nel panorama musicale di quegli anni.
Di seguito come abbiamo accennato, M. Lanegan decise di percorrere altri sentieri…..ma di questo bisognerebbe aprire una pagina a se’.
Giamp

mercoledì 22 ottobre 2008

play the game!


Alla vostra destra, sopra la playlist, ho aggiunto un piccolo file contenente spezzoni (inizi) di 11 canzoni. Un giochinoantipasto. Una birra pagata a chi li indovina tutti. In tanti ci hanno provato e come vedete qualcuno ci sta ancora pensando...

SI COMINCIA

Ok, dopo un paio di post di prova, si comincia ufficialmente. In attesa di creare anche graficamente il blog definitivo vado a parlarvi dei contenuti.
Sarà un blog lento. Ho voglia ancora di assaporare un disco, (vabbè cd, ma non parlatemi degli impalpabili mp3). No, non sono un fossile che va in giro ancora col walkman mangianastri, ma a quasi 40 anni, avendo vissuto, come tanti, il trapasso dal vinile alla musica digitale (ogni volta che lo dico mi vengono in mente i Kraftwerk, chissà perché), ho tirato le somme, ovvero non essendo il mio tempo a disposizione proporzionale a quello necessario per ascoltare tutte le nuove uscite musicali, ho tirato il freno a mano. Intanto scaricherò su questo bl(eah!)og, tutta la musica che ho ascoltato/amato, diciamo da una ventina d’anni a questa parte.
Un diario a scopo terapeutico. Ci saranno recensioni (saranno ben accette anche da chi vorrà partecipare attivamente – garantisco la non censura), playlist di musica a trazione indie del momento, playlist di canzoni facenti parti del mio passato-remoto-prossimo (comprese le italiane); testi e relative traduzioni.
Un bel pasticcio sonoro insomma, ne più ne meno quello che mi frulla all’interno della materia grigia.
I ringraziamenti a Infestazioni Soniche alias Antonino, per aver aperto il vaso di pandora; alla rivista mensile il Mucchio Selvaggio dal quale trarrò molto materiale; al mio altruismo/egoismo nei confronti del lavoro e della famiglia, ai quali rubo tempo prezioso, ma senza del quale non sarebbe possibile tutto questo.
Stay tuned!
RGianniR

lunedì 20 ottobre 2008

ELI “PAPERBOY” REED & THE TRUE LOVES – Roll with you





“Ehi ma questa canzone sembra di Curtis Mayfield…ah senti questa sembra Sam Cooke… e questa, nooo, questo è Marvin Gaye spiccicato”. E’ così. Il primo ascolto dell’uomo di carta l’ho passato così, tutto a paragonare le canzoni a questo o quell’altro grande soul man di qualche tempo fa. Gli ascolti successivi invece a dire, “ma tu senti sto bianco-appena-uscito-dal-film-TheCommitments-che ha registrato per me il disco dell’estate!” Wow! Di sicuro lo sentiremo e vedremo nei festival estivi più In(die): Festivalbar, festiv… scherzavo, lo so, lo so il Festivalbar non lo fanno più … Sanremo tremaaa! Con questo cd si funkeggia, si rockeggia, si rolleggia e all’occorrenza si palpeggia (con belle ballate). Si chiude con (Doin’) The Boom Boom (immagino James Brown sclerotico a pretendere le royalities sicuro di averla scritta lui). Adesso tutti a ballare! Pump up the volume, Pump up the volume, Dance! Dance!
http://www.myspace.com/elipaperboyreed