mercoledì 23 marzo 2011

PJ HARVEY - Let England Shake




Sarò in grado di articolare alcune cose su PJ. Harvey ed il suo ultimo ipnotico lavoro, senza rischiare di essere superfluo, stucchevole e melenso, nelle considerazioni? Questa è la domanda che mi sono posto prima di apprestarmi a scrivere “due righe” su di lei; quanto segue sono le cose che mi sono frullate per la testa. Gli elogi si sono ovviamente sprecati e per il firmatario l’attesa non è stata vana. Eppure se si sviscera  Let England Shake da un punto di vista puramente musicale e tecnico, mi accorgo che Polly Jean per questo disco non si è dissipata nel fare cose di chissà quale difficoltà. Intendo dire: tre quattro accordi, virtuosismi chitarristici zero, basso a limite sindacale, batteria nemmeno a parlarne. E allora mi chiedo cos'è che mi ammalia di lei, cosa mi seduce ? E ancora, cosa mi pervade infiltrandosi nelle sottili maglie del mio animo? In passato mi ha conquistato con quegli scatti relativi alla copertina di Stories from the City Stories from the Sealabbra color rosso ciliegia su capelli neri ebano con tanto di occhiali che fanno Vamp. I dischi successivi, come scatti fotografici, hanno mostrato il lato meno accattivante del suo erotismo femminile se si pensa alla copertina di White Chalk ghhhhhhhhhhhhh orripilante!!!! Se poi scaviamo nella sua personale condotta di vita scopriamo anche che è estimatrice di una dieta particolare a base di patate che la rende così esile e pallida, ed io non è che ami particolarmente chi si ostina a imporsi limiti al buon mangiare. Strafare si sa non fa bene, ma nemmeno lesinare sui piaceri della vita! E allora ancora mi chiedo cosa mi attragga di Lei? E senza rincarare la dose mi interrogo straordinariamente (valutando alcuni passaggi che un po mi lasciano il dubbio), sulla buona fede o sulla possibilità di influsso da parte di diversi artisti (non mi addentro in questo dibattito). Di certo mi ha colto di sorpresa una vaga sensazione che alcuni brani possano benissimo confondersi come outtakes tratti da The Million Dollar Hotel (si, dai, quegli organetti e quei colpi di batteria con quattro pennate alla chitarra che fanno tanto Miss Sarajevo) colonna sonora a marchio Eno/U2. Hanging in the Wire e All and Everyone, la stessa Let England Shake seppure notevoli come brani sembrano in principio essere facili profeti di quel dubbio. E la stessa Harvey quando canta in alcune circostanze sembra voler fare il verso a Milla Jovovich che ben interpretò Satellite of Love. Poi mi ravvedo ascoltando con minor apprensione e penso, svegliandomi da quell’incubo e lasciandomi invece cullare dalle sue melodie, che null’altro può essere, se non la sua voce incantevole e seducente e quel suo modo di modularla in tono amabile, a donare leggiadria ai quei semplici accordi a quelle armonie così esageratamente nostalgiche eppure nel contempo così fottutamente orientate al futuro; quel suo modo di rendere tutto così inquieto, di smuovere le crepe del tuo mood lasciandolo inerme e pallido, tramortito. La sua capacità di raccontare anche di storie di morte "death is everywhere….coming off the mouth", canta esplicitamente, senza essere funesta e penosa a lasciar ancor di più frastornati. Non vi è spazio per i dubbi ma solo la consapevolezza che Polly Jean possieda un gran talento e sarà dura quando non ci regalerà dischi di questa portata.
So our young man Hid with guns, in the dirt, in the Dark Places in the forest.
Giamp







3 commenti:

Resto In Ascolto ha detto...

Grandissima PJ. Concordo con te , Giamp, "quel suo modo di rendere tutto così inquieto, di smuovere le crepe del tuo mood lasciandolo inerme e pallido, tramortito", è l'essenza della Harvey. E poi riesce a non essere mai banale e rimanere attaccata ai giorni nostri rendendo interessante la sua musica anche con questi piccoli stratagemmi mediatici, quali, la realizzazione dei video per ognuna delle canzoni dell'album.

Joyello ha detto...

le crepe del tuo mood?

Giamp ha detto...

Welcome Joyello.

translation: modificare in ogni ambito il tuo umore, stato d?animo


bye