lunedì 10 ottobre 2011

Il mio contributo agli anni '90




“I decenni in musica” del blog It's Only Rock'n'Roll sono arrivati agli anni ’90. Si sa che nel fare una classifica si corre il rischio (come in questo caso) di lasciar fuori album interi (nel mio caso pearl jam, buckley, black crowes, rem e counting crowes su tutti) ma questo è il gioco.Ma questo, è stato anche un ottima ragione (tralasciando i dischi degli artisti sopra citati) per tirar fuori un altro elenco, con audio annesso, di tante gemme (e non ancora tutte) che mi premeva  riscoprire, se non altro per il gusto personale di riascoltarle e condividerle, visto che i ’90 sono stati “i miei anni”; quelli iniziati dopo le superiori, dei cambiamenti, delle scelte più difficili, che hanno segnato indelebilmente il corso futuro della mia vita.
Solo che, passando in rassegna con più attenzione la decade in esame, riflettevo, come, a distanza di tanti anni, le uscite dei ’90 siano state profondamente segnate da una rivalità assolutamente casuale tra la musica inglese e quella americana, e così ricca di nuovi talenti e spunti (gli ultimi?) di originalità, in cui le cazzate scritte hanno lasciato il posto a ottime composizioni. Partiamo da quella che è stata la “nuova onda” inglese elettroacustica che ha coperto l’intero decennio. Per più di un lustro, forse, appannaggio delle band con maggiore attitudine "all’elettricità", mentre fine ’90 inizi del 2000 son venuti fuori Quelli del cosiddetto New Acoustic Movement (Turin Brakes, Kings of Convinience, i primi Coldplay, Ben Christophers, gli ottimi esordi di Starsailor, Tom MacRae e I AmKloot) che hanno tirato giù la saracinesca del periodo d’oro anglosassone.  I più rappresentativi e i più longevi sono stati indubbiamente gli Oasis e What’s the Story Morning Glory è ancora lì che brilla di luce propria, ma The Verve, un paio di anni dopo, minarono seriamente la leadership dei fratelli Gallagher con l’album Urban Hymns, e un pugno di grandi canzoni al suo interno, a  cominciare da Bitter Sweet Simphony (anche se l’ascolto del riff d'archi iniziale che imperversa nel brano, negli anni, è diventato irritante quasi come il pooo-popopopopooo-po dei White Stripes) DrugsDon’t Work, Lucky Man o la dolce Sonnet che ho scelto per l’occasione.



Altri esordi autorevoli da ricordare, tra le tante big thing strombazzate dell'epoca, quello degli Ash e degli Stereophonics, così come i Kula Shaker che tra le nuove uscite, però, furono i miei preferiti grazie allo sfavillante esordio K del ’96. Il disco non fa una grinza per tutti la sua durata, e per ricordarli, (oltre alla recensione di Giamp che trovate alla fine di questo post) ve li rappresento, proponendovi Tattva e Govinda.





Un capitolo a parte lo meriterebbe Radiohead dopo un'attenta analisi revisionistica dei loro album. Al momento mi accontento di riproporre Just, la mia preferita dal loro bellissimo secondo album The Bends.




Doverosa chiusura per Paul Weller: un artistache a dire il vero non amo particolarmente ma che ha scritto una canzone come Wild Wood che mi fa venire i brividi ad ogni ascolto.



Beh, adesso dovrei parlarvi mooolto a lungo del decennio a stelle e strisce. Ma mi ci vorrebbe davvero tanto
di quello spazio da doverlo chiedere in prestito ad un altro blog. Per cui,considerato che questo post era nato per dare spazio agli esclusi della classifica di cui vi parlavo all’inizio che includeva (REM - Man on the Moon; Jeff Buckley – Grace; Janes’sAddiction -  Stop; Black HeartProcession – Blue Tears; Pearl Jam – Rearviewmirror; Oasis – Don’t Look Back in Anger; P.J. Harvey – The Dancer; The AfghanWhigs – Debonair; CountingCrowes – Mr. Jones; Soundgarden – Fell on Black Days: The Black Crowes – Remedy; ScreamingTrees – Nearly Lost You; Pavement – Range Life; Red Hot Chili Peppers – Breaking the Girls; U2 – One; Grant Lee Buffalo – Fuzzy; Peter Gabriel – Washing of the Water; John Mellencamp – Human Wheels; Grandaddy – Summerhere Kids; SmashingPumpkins – Tonight, Tonight) vi elenco un ulteriore serie, e non definitiva anche questa, di ottimi motivi (leggasi canzoni) che mi porta a dare preferenza assoluta (a prova di nuova legge elettorale) e a mani basse, dei vari movimenti grunge, crossover, Americana/roots e sottotitolati vari.

Come il testamento lirico compositivo degli Alice In Chains - Down In a Hole ...



l’ingresso nell’olimpo dei rockers tristi e sfigati di Mark Oliver Everett, in arte Eels - Novocaine for the Soul ...




un altro perdente di razza come Beck – Loser, la sua canzone più bella di un album che non mi piacque particolarmente, a differenza del successivo capolavoro, O’delay ...




l’ultimo capitolo ufficiale dei Nirvana - Heart Shaped Box ...




Il “tradimento funky/stoniano” dei Primal Scream - Rocks ...





Come per Mr. Everett degli Eels, un altro triste e commovente esordio fu quello degli Sparklehorse – Pig, anche se il cantante Mark Linkous ha di recente buttato la sua depressione sotto un metro e mezzo di terra...




Una delle (diciamo 10/100/1000) canzoni che adoro di più in assoluto: la ballatona elettrica dei Dinosaur Jr - Get Me con un assolo finale di chitarra di quelli, che non se ne sentono in giro da parecchio ...




A proposito di crossover, il lascito sonoro e sociale dei Living Colour – Pride ...




Con meno chitarre e più sfaccettato, tra rock reggae soul e molto altro ancora Don’t Call Me Buckwheat di Garland Jeffreys - Hail Hail Rock'n'Roll ...




Per concludere, giusto un ultimo accenno ad alcuni brani  che mi sono tornati alla mente e sempre di stampo americano, che in quegli anni fecero la felicità delle radio di mezzo mondo

Cracker – Get Off This

Hootie& the Blowfish – Hold my Hand

Live – Iris

Tanta carne al fuoco, ma il barbecue è venuto fuori una meraviglia!


KULA SHAKER - K (1996)  [la recensione]

Estate 1996. Lavoravo in un posto dove la buona musica non mancava. L'ambiente ideale per affrontare la serata lavorativa con allegria e spensieratezza.
E proprio durante una serata di lavoro un caro amico, di passaggio per una birra, mi allungò un nastro (eh si, a quel tempo si usavano ancora…) che conteneva da un lato i Pearl Jam di No Code e dall’altro i KULA SHAKER di "K".
KULA SHAKER: gli ideatori di questo gruppo , Crispian Mills e Alonza Bevan , già reduci dall’esperienza “The Keys” con due EP all’attivo e riscontro di pubblico deludente, decidono di fare sul serio nel 1995 trasformando il nome della band proprio in KULA SHAKER.
Mills, in particolar modo, profondamente cambiato dopo le esperienze di viaggio in India, sentiva la necessità di tradurre in musica le nuove conoscenze .
Le influenze psichedeliche già divorate con i Keys prendevano ora forma dando vita ad un filone che potremmo incorniciare come una sorta di Brit-pop psichedelico.
I suoni del disco rievocano le sonorità anni ’70 impregnate di sitar di tabla e di misticismo indiano. Odore di incenso che si riversa con impeto dappertutto, innesti alla G. Harrison e linee melodiche contagiose ed accattivanti di una chitarra funky semidistorta.
Un mix perfetto per fare breccia nella audience britannica e non solo (alzi la mano chi almeno per una volta non ha SHAKERato il fondoschiena al suono di Tattva o di Govinda! )
La qualità delle canzoni mantiene un livello omogeneo che rende il disco godibilissimo, capace di catturare i palati più fini e soddisfare anche chi ha l’esigenza (?!) di un disco easy listening .
Audace il tentativo di catturare fette di pubblico più ampie inserendo cerimoniali (Grateful when you’re dead - Jerry was there) per J.Garcia dei compianti Grateful Dead appena sciolti a causa della scomparsa del loro leader.
Il tentativo poi di farla passare per musica colta o di nicchia (accostamenti a King Crimson oBeatles) e l’etichetta di gruppo di culto non portò di seguito molti frutti (album disattesi) .
In verità Mills , con tutto il rispetto, non è Fripp figuriamoci provare ad impersonare Lennon !!!
Non furono sufficienti suggestioni indiane ed arrangiamenti ben prodotti per camuffare mancanze strutturali e approssimazione nell’inventiva. Questo portò a non essere i KULA SHAKER un gruppo consolidato nel tempo.
Avevo comunque voglia di riascoltarli e di cantare ("gooovinda jaja, jaja, gopala jaja, jaja, radaha mana ha-ari, gooovinda jaia, jaia" scritta come la sento pronunciatae a distanza di anni ri-scopro come "K" fosse un ottimo disco di esordio per una band che si è bruciata troppo in fretta.

Giamp

5 commenti:

Lucien ha detto...

E' vero: bruciati in fretta, e che peccato, perché hanno avuto ottime intuizioni; a me piacevano parecchio, Govinda poi è un pezzo strepitoso.
Non male comunque l'ultimo: "Pilgrims Progress" che ha segnato un cambio di rotta.

Blackswan ha detto...

Grande Post,per dimensioni e contenuti ! :)
Il primo disco dei Kula Shaker gira talvolta ancora sul mio piatto.E concordo con Lucien:anche l'ultimo non è male.

Massi ha detto...

Nei novanta ero il classico mocciosetto senza arte nè parte,un giorno le mie orecchie ed i miei occhi hanno visto e sentito gruppi come Soundgarden,Pearl Jam e Litfiba e da allora niente è stato più come prima......Complimenti per il post

Resto In Ascolto ha detto...

grazie amici. e vado a riascoltarmi pilgrims progress, accantonato forse troppo presto.
un saluto.
gianni

Cirano ha detto...

....mi sono perso!!! Ero in come un gabbiano di fronte al mare pieno di pesci!!!