Impressioni olimpiche (featuring Yellow Ostrich & Plants and Animals)
Sia che si tratti di lavoro o per fare una visita specialistica per i
garganici (noi viestani in particolare che ci troviamo all’estrema
punta) abbiamo bisogno di almeno un’ora di strada, per raggiungere la
destinazione. Sì, certo, il panorama naturalistico di cui si gode durante il
tragitto, soprattutto dei 40 km di curve che si percorrono per raggiungere la
retta strada, ha pochi eguali in Italia (sono stato anche in Sardegna e ve lo
garantisco), ma quando lo devi fare per necessità e per più volte durante la
settimana, della bella cartolina, appena illustrata, rimane ben poco. L’unico
sollievo, come sempre, arriva dalla musica e dalla possibilità di ascoltare con
molta più calma le novità, nella loro continuità. Il mese scorso,
nell’andirivieni da e per l’ospedale di San Giovanni Rotondo, dove il piccolo
Lorenzo ha subito un intervento [a proposito di chirurgia, se la cosa può
interessarvi, c’era un poster che parlava dei recenti e ottimi risultati che il
paziente ottiene (soprattutto in termini di convenienza economica), se invece
di usare quotidianamente pannolini, acquista uno sfintere artificiale che costa
circa 14.000,00 euro], ho avuto il tempo di riascoltare ancora una volta i 2
album che ormai fanno da colonna sonora ai miei viaggi recenti, ovvero The End
of That di Plants & Animals, un bel revival anni ’70 (Stones ed esordio
di Richards da solista compreso) e l’esordio de Yellow Ostrich, Strange Land,
che non sono riuscito a capire ancora se mi piace oppure no (come quando mangi una
pietanza o bevi un vino di cui non riesci a catturare perfettamente il sapore
o il retrogusto, e continui, continui, fino a che, capito oppure no, ti sei
ingozzato, ergo ubriacato). C’è però, una canzone in questo album, Marathon
Runner, che è diventata presto una mia fissazione, sia per la musicalità del
brano, che per la strana associazione mentale che ho fatto da subito con il
nome della band, ovvero quella di un maratoneta che corre le olimpiadi in un’ostrica gialla. Avuto
il pretesto, sterzo bruscamente per andare a parlare della manifestazione dai 5
cerchi, che adoro, così come l’epicità delle gesta, dei record e i momenti
di gloria degli atleti, protagonisti (a volte eroi) per pochi giorni. Milioni
di atleti di ogni genere sportivo che provano a coronare il loro sogno di una
medaglia olimpica, dopo quattro anni di durissimo e anonimo allenamento; e mi
riferisco ovviamente (tranne le ovvie eccezioni) a quelle discipline che stanno
lontano migliaia di chilometri dai contratti milionari dei professionisti:
l’atletica leggera e quella che fu la leggenda Carl Lewis, anche se il mio
preferito era Edwin Moses: saltava quegli ostacoli con una classe e una
leggerezza al limite dell’effetto red bull: sublime, e i nostri Cova nei
10.000, Sara Simeoni nel salto in alto, la lotta greco/romana con Vincenzo Maenza,
il pugilato (Patrizio Oliva, Damiani) il penta/decathlon (mi ricordo di un
grandissimo Masala di qualche edizione fa), il tiro al piattello, il nuoto e la
scherma, ovvero la nostra riserva di medaglie (adoro soprattutto le finali a
squadra, tanto quanto odio la decisiva stoccata finale simultanea, che non ti
fa capire subito chi ha vinto), la gara dei tuffi dal trampolino o piattaforma,
che quando li vedi in diretta sembrano essere tutti perfetti, mentre alla
moviola ne apprezzi anche le brutture, con le “stramaledette”, fortissime
cinesi, così perfette che sembrano uscite dal circo di stato cinese.
Inarrivabili. E il canottaggio con l’epopea Galeazzi/F.lli Abbagnale?.... con
tutto il resta della RAI e il televideo che negli anni in cui la competizione
va nei continenti lontano dall’Europa, diventano un fedele alleato per tenersi
aggiornati. Tutto questo si rivedrà quest'anno in quel di Londra, con la Nostra portabandiera Valentina Vezzali a tentare di centrare il record id medaglie vinte da un italiano.
Tornando per un istante alla musica e alla visione del maratoneta che corre nell’ostrica
gialla vi confesso che in verità, nel testo, c’è ben poco di olimpico, poiché
Marathon Runner parla dei sogni adolescenziali e delle relative disillusioni
adulte (alzi la mano chi è sfuggito al cliché).
Per un totale di: un po' di tutto, un po' di niente. Sotto trovate un paio d'estratti dagli album menzionati. Buon ascolto, buone visioni.... Quando avevo 17 anni dissi ad un mia amica di rinunciare ai suoi sogni.
Lei mi odiò ma io sapevo che i sogni erano il meglio di noi e per il resto di noi
e non volevo condividerli con nessuno … Sono un maratoneta, le mie gambe sono
doloranti, sono ansioso di capire per cosa sto correndo … corro fino a quando
non saprò a cosa sto credendo…
2 commenti:
Ma che due bei gruppettini!
due molto piacevoli, sì.
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