martedì 26 giugno 2012

Impressioni olimpiche (featuring Yellow Ostrich & Plants and Animals)

Sia che si tratti di lavoro o per fare una visita specialistica per i garganici (noi  viestani in particolare che ci troviamo all’estrema punta) abbiamo bisogno di almeno un’ora di strada, per raggiungere la destinazione. Sì, certo, il panorama naturalistico di cui si gode durante il tragitto, soprattutto dei 40 km di curve che si percorrono per raggiungere la retta strada, ha pochi eguali in Italia (sono stato anche in Sardegna e ve lo garantisco), ma quando lo devi fare per necessità e per più volte durante la settimana, della bella cartolina, appena illustrata, rimane ben poco. L’unico sollievo, come sempre, arriva dalla musica e dalla possibilità di ascoltare con molta più calma le novità, nella loro continuità. Il mese scorso, nell’andirivieni da e per l’ospedale di San Giovanni Rotondo, dove il piccolo Lorenzo ha subito un intervento [a proposito di chirurgia, se la cosa può interessarvi, c’era un poster che parlava dei recenti e ottimi risultati che il paziente ottiene (soprattutto in termini di convenienza economica), se invece di usare quotidianamente pannolini, acquista uno sfintere artificiale che costa circa 14.000,00 euro], ho avuto il tempo di riascoltare ancora una volta i 2 album che ormai fanno da colonna sonora ai miei viaggi recenti, ovvero The End of That di Plants & Animals, un bel revival anni ’70 (Stones ed esordio di Richards da solista compreso) e l’esordio de Yellow Ostrich, Strange Land, che non sono riuscito a capire ancora se mi piace oppure no (come quando mangi una pietanza o bevi un vino di cui non riesci a catturare perfettamente il sapore o il retrogusto, e continui, continui, fino a che, capito oppure no, ti sei ingozzato, ergo ubriacato). C’è però, una canzone in questo album, Marathon Runner, che è diventata presto una mia fissazione, sia per la musicalità del brano, che per la strana associazione mentale che ho fatto da subito con il nome della band, ovvero quella di un maratoneta che corre le olimpiadi in un’ostrica gialla. Avuto il pretesto, sterzo bruscamente per andare a parlare della manifestazione dai 5 cerchi, che adoro, così come l’epicità delle gesta, dei record e i momenti di gloria degli atleti, protagonisti (a volte eroi) per pochi giorni. Milioni di atleti di ogni genere sportivo che provano a coronare il loro sogno di una medaglia olimpica, dopo quattro anni di durissimo e anonimo allenamento; e mi riferisco ovviamente (tranne le ovvie eccezioni) a quelle discipline che stanno lontano migliaia di chilometri dai contratti milionari dei professionisti: l’atletica leggera e quella che fu la leggenda Carl Lewis, anche se il mio preferito era Edwin Moses: saltava quegli ostacoli con una classe e una leggerezza al limite dell’effetto red bull: sublime, e i nostri Cova nei 10.000, Sara Simeoni nel salto in alto, la lotta greco/romana con Vincenzo Maenza, il pugilato (Patrizio Oliva, Damiani) il penta/decathlon (mi ricordo di un grandissimo Masala di qualche edizione fa), il tiro al piattello, il nuoto e la scherma, ovvero la nostra riserva di medaglie (adoro soprattutto le finali a squadra, tanto quanto odio la decisiva stoccata finale simultanea, che non ti fa capire subito chi ha vinto), la gara dei tuffi dal trampolino o piattaforma, che quando li vedi in diretta sembrano essere tutti perfetti, mentre alla moviola ne apprezzi anche le brutture, con le “stramaledette”, fortissime cinesi, così perfette che sembrano uscite dal circo di stato cinese. Inarrivabili. E il canottaggio con l’epopea Galeazzi/F.lli Abbagnale?.... con tutto il resta della RAI e il televideo che negli anni in cui la competizione va nei continenti lontano dall’Europa, diventano un fedele alleato per tenersi aggiornati. Tutto questo si rivedrà quest'anno in quel di Londra, con la Nostra portabandiera Valentina Vezzali a tentare di centrare il record id medaglie vinte da un italiano.
   Tornando per un istante alla musica e alla visione del maratoneta che corre nell’ostrica gialla vi confesso che in verità, nel testo, c’è ben poco di olimpico, poiché Marathon Runner parla dei sogni adolescenziali e delle relative disillusioni adulte (alzi la mano chi è sfuggito al cliché).  
Per un totale di: un po' di tutto, un po' di niente. Sotto trovate un paio d'estratti dagli album menzionati. Buon ascolto, buone visioni....
Quando avevo 17 anni dissi ad un mia amica di rinunciare ai suoi sogni. Lei mi odiò ma io sapevo che i sogni erano il meglio di noi e per il resto di noi e non volevo condividerli con nessuno … Sono un maratoneta, le mie gambe sono doloranti, sono ansioso di capire per cosa sto correndo … corro fino a quando non saprò a cosa sto credendo…











2 commenti:

Frabe ha detto...

Ma che due bei gruppettini!

Resto In Ascolto ha detto...

due molto piacevoli, sì.