THE DECEMBERISTS - The Hazards Of Love
Inesorabile sta per arrivare il momento delle classifiche di fine anno anche perchè dicembre di solito è parco di novità. Sto riascoltando i dischi che non mi hanno convinto del tutto ma meritevoli di ulteriori attenzioni e ho trovato nel cassetto questa lettera che a suo tempo scrissi a mr. Meloy.Stimati Decemberists, e in particolare, egregio Colin Meloy. Vi scrivo questa mia per esprimerVi il mio rammarico a proposito della vostra nuova fatica (e che fatica!) discografica The Hazards of Love. Vi ho scoperto, conosciuto ed amato sin dai tempi in cui esordivate con Oceanside che sovente ascoltavo in macchina (dalle nostre parti si dice) a palla mentre, di ritorno, percorrevo la “sinuosa” litoranea sud del Gargano. Capii di aver appena fatto amicizia con un signor gruppo, il cui front man, appunto lei, mr Colin Meloy suscitava in me più di un’emozione nell’ascoltarla cantare. Così vi ho tenuto d’occhio anche con i successivi e così così Castways & Cutouts e Her Majesty. Ma il germe della grande band era ormai stato seminato e i frutti non sarebbero tardati a germogliare. È così che nel 2005 avete fatto in modo che mi deliziaste con l’ascolto e il conseguente innamoramento di Picaresque, con un rafforzato song-writing in grado di scrivere piccole e intense storie “d’amore e dinamite” all’interno di ogni canzone. Con il successivo The Crane Wife, Lei, mr. Colin Meloy, è voluto andare oltre, musicando una vecchia favola giapponese, lasciando però, che le canzoni, pur costituenti un tutt’uno in fatto di narrazione, potessero venire estrapolate ed ascoltate unitariamente senza il timore di aver lasciato indietro qualcosa. A quel punto il mio coinvolgimento emotivo è stato totale. Nessun altro avrebbe potuto (e mai potrà) prendere il suo posto mentre canta in The Engine Driver “I am the heart that you call home…If you don’t love me let me go” o quando decanta l’estate in Summersong “And summer arrives with a lenght of light, and summer blows away and quitely gets swalled by a wave”. Mi chiedevo però, dopo The Crane Wife, che cosa avrebbe fatto partorire dalla sua mente e dalla sua penna capace. E dopo tre anni di attesa, eccola qua: una folk-opera, The Hazards of Love. Una volta li definivano concept-album, con prelude, interlude, Hazards of Love parte I, II ecc. e i vari reprise, ma il risultato è sempre lo stesso. Un album per più di un ora di musica da ascoltare tutto d’un fiato. Ma un’apnea così lunga rischia di trasformarsi in soffocamento a causa della omogeneità testuale e musicale delle canzoni (meglio noto in cucina come polpettone), che rende difficile distinguere le une dalle altre, nonostante la S.V. abbia cercato di infarcire il suo folk elettro-acustico con richiami agli anni ‘70 dei Led Zeppelin, Black Sabbath, Deep Purple. Questa mia lettera confidenziale vuole essere così, a questo punto del vostro cammino artistico, un ringraziamento per quanto fatto ad oggi, nonché un augurio di presta guarigione da quella brutta malattia che a volte compromette la carriera di un artista, chiamata ego. Con immutata stima (per ora). Vostro affezionato.
7 commenti:
La canzone che hai postato mi piace.Devo però chiedere alla metà femminile dell'orecchio di passarmi gli album di questo gruppo che non conosco bene ma che stando a quanto scrivi mi sembra opportuno approfondire
Ovviamente si tratta di gusti. Personalmente adoro chi riesce a toccare le corde giuste e che mi restituisce la voglia di andare a riascoltare le canzoni.
Ma fammi capire. La metà femminile del tuo orecchio è un'eufemismo o siete in due? Inizio ad dipingerti come quegli artisti di spettacolo che si dipingono il volto metà maschio e metà donna.
No siamo in due.io sono il maschietto e poi c'è la femminuccia.Magari fossi un artista purtroppo non ho nessun talento.Cmq so riconoscere ed apprezzare chi ha talento.
La femminuccia approva ogni singola parola della tua recensione!
Fa piacere piacee condividere la buona musica. Dispiace invece non sentire mai in radio (parlo di quelle commerciali) brani come We Both Go Down Together che è il brano più conosciuto dei Decemberists e starebbe bene in qualunque scaletta radiofonica.
Piacere di conoscerti.
Mi dispiace trovarmi in disaccordo, soprattutto con un estimatore di Colin Meloy e compagni, ma io questo disco l'ho adorato dalla prima all'ultima nota; forse ambizioso sì, ma in un'era musicale dal veloce consumo come la nostra è uno scrigno di gioielli che va ascoltato tutto di seguito e con attenzione. Ma hai sentito bene quel capolavoro che è la ballata di chiusura?
Basta, mi fermo perché non voglio convincere nessuno e anzi, ti linko (se non ti dispiace) perché il tuo blog mi piace e la diversità nei gusti crea confronti interessanti.
Il piacere di conoscerti è reciproco e contraccambio il linkaggio. Per i Decemberist hai detto tutto tu. Siamo in un epoca ad alta velocità musicale. Purtroppo non è riuscito a convincermi nonostante riconosca a Meloy le sue grandi doti di composizione. Ma Hazard secondo me val bene un opera teatrale e in questo mi sembra che non mi stiano smentendo in questi giorni che va in scena negli USA. A presto.
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