venerdì 24 ottobre 2008

SCREAMING TREES - Sweet Oblivion




Il caro amico Giamp ci ha gentilmente resi partecipi di questa sua bellissima recensione.


Arrivare a conoscere gli Alberi Urlanti passando attraverso dei lavori singoli del loro leader, Mark Lanegan ( Scraps At Midnight del’98 e Fields Songs del 2001 ), è un percorso che vi sembrerà strano. Strano, se non altro, per le differenti sensazioni che i due percorsi ci regalano. Andare a ritroso a volte stordisce il passeggero ma a me che ci volete fare, è andata così; scoprire poi per scherzo che parallelamente al Grunge, potesse esistere un gruppo capace di scariche elettriche di tale portata ma che non ha goduto di fama e notorietà tanto quanto altre band, un po’ mi ha lasciato smarrito. Le collaborazioni stesse, del leader, appunto, di quell’epoca ( Queens Of The Stone Age in primis, ma anche Dinosaur Jr. ), non farebbero altro che aggiungere altre frecce all’arco degli Screaming Trees. Se poi pensiamo alla produzione ( C.Cornell dei Soundgarden), ancor di più ci si chiede come mai siano stati così poco apprezzati. Anche i testi straripanti di disagio avrebbero dovuto dare una mano. La stessa fama di ribelle di Lanegan se paragonata al Cobain di quei tempi avrebbe dovuto giocare ruolo determinante. Tutti elementi predittivi consistenti, ma chissà perchè e chissà per come sono rimasti sotto l’ombra del grande fenomeno Grunge.
Il lavoro di cui vi parlo non è tra l’altro considerato il migliore della band. Molto meglio i due precedenti per produzione e valore intrinseco – Buzz Factory e Uncle Anesthesia - che io non ho mai ascoltato ma che per dovere di cronaca vi cito .
Negli anni di dominio della scena di Seattle di super gruppi come Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden ( per inciso i miei prediletti rispetto agli Screamin Trees ), emergere era impresa faticosa, malgrado quella voce dotata di pathos, impastata di alcool e polvere un po’ Waitsiana un po’ Morrisiana nel declamare ed un po’ ribelle per natura.
Album comunque dotato di grande asprezza e ruvidità (Shadow Of The Season), per passare poi
attraverso sonorità che vanno dalle ballate rock energiche (Dollar Bill) a blues prepotenti (More or Less), piuttosto che melodie scalpitanti, amare e tormentate dei brani successivi.
La cavalcata termina con Julie Paradise che altro non è che il degno epilogo di questo “dolce oblio”.
Lavoro meno aggressivo e psichedelico dei precedenti come vi ho accennato, con marcata propensione al commerciale (grazie al singolo Nearly Lost You incluso nella colonna sonora del film L’amore è un gioco ), ma comunque essenziale nel definire il ruolo degli S.T. nel panorama musicale di quegli anni.
Di seguito come abbiamo accennato, M. Lanegan decise di percorrere altri sentieri…..ma di questo bisognerebbe aprire una pagina a se’.
Giamp

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